La sensibilità di Maria Pascucci nelle lettere all’amico Manzella

Cultura

SANTARCANGELO. Maria Pascucci, scrittrice, insegnante, donna sensibile e coraggiosa (1892-1980), è l’autrice delle Lettere a Titomanlio Manzella e suoi familiari, raccolte ora in volume edito a Rimini da Raffaelli. La pubblicazione, promossa dalla Biblioteca Baldini di Santarcangelo e curata da Franca Arduini e da Vania Di Stefano, nipote di Manzella, rende testimonianza dei legami e sentimenti di solidarietà e affetto che si stabilirono tra la scrittrice romagnola e l’amico e collega catanese intorno al tema della scrittura per l’infanzia.
L’interesse per la figura di Maria Pascucci è ripreso essenzialmente negli anni Novanta grazie agli interventi e ai suggerimenti di Clarice Sacchini, che assieme al marito Flavio Nicolini, fu per tanti anni sincera amica. Un’amicizia, ricorda Simonetta Nicolini, che era cominciata nei lontani anni Cinquanta: «Maria stimava Flavio come insegnante, ma lo aiutò anche nei suoi esordi di scrittore proponendolo a Cino Del Duca per la pubblicazione di novelle. Allora lei era una scrittrice per ragazzi di un certo successo e il suo sostegno certamente fu importante. Flavio e Clarice continuarono a frequentarla senza interruzioni e Maria si rivelò nel tempo un’estimatrice sincera delle opere televisive di mio padre. Verso gli ultimi anni, trovò nei miei genitori un sostegno affettuoso per continuare a credere nella sua opera e scrivere. Fu allora che cominciò la vicenda della donazione del suo archivio, quindi quella che ha portato anche all’intitolazione della Scuola elementare di Santarcangelo».
A Pier Angelo Fontana, direttore della Biblioteca Baldini, abbiamo chiesto qual è il posto di rilievo che la figura di Maria occupa nella storia e nella memoria di Santarcangelo.
«Nata a Gambettola, allieva di Renato Serra, giunse a insegnare a Santarcangelo nel 1921. Subito entrò in qualche modo a far parte, o almeno ebbe rapporti con il gruppo dell’intellettualità locale, come testimoniato dal suo ruolo svolto negli anni 1925-27 di segretaria del Corso libero di cultura magistrale, iniziato e diretto dal direttore didattico Alfredo Sancisi. Fra i docenti Achille Franchini, Antonio Malaguti, il maestro di musica Giulio Faini e il giovanissimo Augusto Campana all’epoca studente universitario. Nel dopoguerra si consacrò scrittrice per ragazzi, con la pubblicazione di romanzi, e con il racconto lungo “Sulla Linea Gotica. Romagna eroica”, premiato nel 1946 (Firenze, La Vela, 1947), ispirato alle tristi esperienze vissute durante il passaggio del fronte a Verucchio e a Rimini».
Come è avvenuta la costituzione del fondo Pascucci?
«Grazie a Clarice Sacchini, e al suo interessamento e ai suoi contatti, nel 1999 gli eredi – i nipoti Alberto Mario Pascucci e Cecilia Pascucci Pecci – depositarono alla Biblioteca le carte della scrittrice (primo nucleo del fondo archivistico che sarà poi implementato con la donazione di altri importanti documenti, come taccuini, diari, carteggi e appunti di lavoro, numeri di riviste scolastiche e letterarie, nonché copia delle pubblicazioni), da parte di Flavio Nicolini e Clarice Sacchini».
A Franca Arduini abbiamo chiesto di ricordare i meriti e i valori tramandati da Maria come insegnante e come scrittrice.
«Fra i suoi numerosi allievi preferiva quelli vivaci, ribelli e indisciplinati che ricambiavano il suo affetto. Sono loro i protagonisti dei suoi romanzi che scoprono valori come la natura, il lavoro, l’amicizia e la solidarietà fra i poveri e soprattutto la generosità gratuita degli estranei».
Il suo epistolario con Titomanlio Manzella e suoi familiari copre circa mezzo secolo della cultura del Novecento. Quali ritiene siano gli elementi più significativi?
«I due scrittori si raccontano reciprocamente, ma raccontano anche la cultura del proprio tempo. Fra i fili di questa trama ci sono premi letterari importanti, come l’Orvieto di Firenze e il Castello di Sanguinetto di Verona. Tra i loro lavori, “Una dmanda ‘d matrimôni” di Maria Pascucci fu replicata nei teatri di Romagna, mentre al teatro degli Indipendenti di Roma dei Bragaglia fu messo in scena nel 1929 “Pierrot sui tetti” di Manzella. Maria scrisse su «La piê», la bella rivista d’illustrazione romagnola e su «I diritti della scuola», secolare strumento professionale e di educazione giovanile, mentre Titomanlio fu presente, oltre che sui più noti periodici per ragazzi, come il «Corriere dei piccoli», sulla prestigiosa rivista «La fiera letteraria».

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