La mostra: i colori di Frisoni all'Augeo di Rimini
Ogni storia, professionale o umana, ha i suoi colori, i suoi chiaroscuri, i suoi qui e altrove. E Davide Frisoni si mette “a nudo” raccontandola per immagini in un luogo adatto, una galleria d’arte che è anche una spa, dove ritrovare la bellezza prodotta da altri e dare una spazzolatina alla propria.
«Le parole sono importanti», diceva Nanni Moretti, ma anche i colori, perché ogni cosa è colorata o non lo è. E, come la salute può arrivare attraverso l’acqua, la beatitudine ha bisogno del colore, anche e soprattutto quello della realtà che ci circonda. Frisoni non li lesina: «A me è accaduto in un giorno di temporale estivo, mentre ero in macchina, immerso nel traffico riminese. È stata una vera e propria visione, un’epifania, la rivelazione dello splendore di quello che avevo davanti agli occhi e che non avevo mai davvero osservato: la magia della realtà, la sua forza espressiva».
Il paesaggio urbano
Dal 1999 il suo lavoro si concentra sulla ricerca di un piacere costante nell’osservazione del paesaggio urbano, sulla rappresentazione dello scorrere incessante e continuo dell’esistenza: luci abbaglianti, pioggia, strade bagnate, macchine ferme al semaforo, automobili incolonnate nel traffico, lampioni illuminati lungo la strada. Una proiezione nel mistero di scene apparentemente insignificanti, quasi banali, che il pittore ha «imparato a cogliere nel frastuono cittadino, registrate in disegni appena abbozzati giusto il tempo di un semaforo rosso e successivamente trasformate con spatolate vigorose in metafore di vita, simboli di un personale percorso interiore».Quotidianità inebriante
Frisoni vive intensamente la realtà, sorpreso dalle piccole cose, «da una quotidianità che risulta più inebriante di qualsiasi fantasia». Lo sguardo viene così indirizzato sulla bellezza immutabile, irripetibile e sfuggente di un particolare momento: atmosfere oniriche, sospese e suggestive restituiscono attimi di vita pulsante, attimi sperimentati e riproposti sulla tela per essere rivissuti e condivisi con chi li osserva. Microstorie, luoghi visti e percorsi in tempi diversi, istantanee sfocate di città. Rimini, New York, Istanbul si mescolano e si assemblano nella sua mente creando nuovi racconti, inedite realtà, più vive del vero.L’artista ha reagito a modo suo anche alla pandemia di Coronavirus del 2020 e al relativo lockdown: «Il Covid, che ci ha visti bloccati nei nostri spazi abitativi, ha per reazione fatto nascere l’ultimo ciclo pittorico che si è riempito di figure, persone, in alcuni casi solo accennate e appena riconoscibili. Il desiderio è più forte della circostanza! Il distanziamento sociale, come brutalmente è stato chiamato, per me è stato motivo di rafforzamento di domanda di felicità, che è impossibile slegare dall’altro, da una presenza tangibile anche se appena accennata».