Incontri che diventano racconti: Pesaresi, l’occhio del viaggiatore

Cultura

RIMINI. «Davanti agli occhi ho il mare del Giappone. Spaesato, lontano, ho voglia di casa. Sono arrivato qui via terra come i viaggiatori del passato, ho attraversato tutta la distanza che separa Oriente e Occidente. E all’improvviso capisco: e se fosse proprio questo il treno più bello del mondo?».
Novemila trecento chilometri da Mosca a Vladivostok, attraverso l’Europa orientale e l’Asia settentrionale: la linea ferroviaria Transibieriana ha sempre esercitato un grande fascino sui fotografi di tutto il mondo, e a questa attrazione fatale non fuggì Marco Pesaresi (Rimini, 1964-2001), che nel giugno del 1999 – due anni e mezzo prima di togliersi la vita – spese una settimana attraversando distese di taiga e steppa, boschi di larici, abeti e betulle ma, soprattutto, fotografando volti e persone, viaggiatori, barboni, prostitute, mercanti.
Un viaggio dell’anima da Ekaterinburg a Irkutsk, «la Parigi russa», dal lago Baikal («il più azzurro che abbia mai visto, e anche il più profondo del mondo, pieno di pesci e spugne che vivono solo nel mare») a Khabarovsk, fino a quella Vladivostok, nella Siberia orientale, dove la terra finisce e il treno si ferma (o così almeno dice la voce dall’altoparlante).


Domani l’inaugurazione
Una selezione della sua Transiberiana, in mostra alla Galleria dell’Immagine di Rimini a partire dal 7 settembre (inaugurazione domani ore 18), completa la trilogia con cui Rimini incontra e riconosce il valore dell’opera fotografica di Marco Pesaresi, dopo Underground, vivido e intenso lavoro sulle metropolitane, e Rimini, struggente e pervasivo racconto in chiaro-scuro dedicato alla sua città.

Il tempo di un viaggio
Sotto il titolo di Il tempo di un viaggio sono raccolte 58 foto selezionate tra 1800 scatti per il Si fest 2017 da Davide Monteleone, vincitore di tre World Press Photo e altri grandi premi internazionali, tra i più apprezzati fotoreporter italiani, e accompagnate dalle pagine del diario di Pesaresi fitte di appunti, poesie, impressioni, perché «Marco – dice la madre Isa Perazzini, che ha depositato l’archivio del figlio a Savignano – era uno scrittore che raccontava con la fotografia». E non hanno bisogno di parole questi scatti empatici e curiosi, in cui lo sguardo del fotografo si confonde con quello dei compagni di viaggio.
«Palpita in queste immagini – scrive Monteleone nel catalogo – il desiderio di contatto e di relazione, nonostante le difficoltà di comunicazione. Quasi ogni immagine è il frutto di un incontro, il tentativo di dialogo e di comprensione individuale e condivisa». E ancora: «Queste immagini sono incontri prima di essere racconti, sono splendidi esempi della fotografia sincera e onesta che non ha la presunzione di spiegare ma vuole bensì prima capire».
Un percorso arbitrario, per la «difficoltà – spiega Mario Beltrambini del Si fest – di mettere le mani nel cassetto di un altro fotografo», di raccontare una storia forse un po’ diversa da quella che Marco forse avrebbe voluto, ma non ha potuto più raccontare.


Rimini foto d’autunno
L’assessore alla Cultura Giampiero Piscaglia ha annunciato con questa mostra l’inizio della rassegna Rimini foto d’autunno che prevede anche altri “viaggi”, tutti al Museo della Città, come quello di Dante esule 2019 (dal 22 settembre), vero e proprio atlante attraverso tutta la Romagna per incontrare gli esuli, ovvero coloro che fanno scelte di vita non comuni, come gli artisti.
Locals invece (dal 28 settembre), sarà un percorso intorno al ritratto – genere fotografico per eccellenza – nella fotografia italiana contemporanea. Poi da vedere la parabola umana e politica di Nikos Beloyannis (inaugurazione domani 7 settembre ore 17 Sala delle Teche), partigiano condannato a morte dal regime greco. E, infine, Mapparimini (dal 14 settembre), progetto sul paesaggio urbano e il territorio di Rimini presentato da T-club alla Corniceria Ruggero e in 500 plance.

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