Il verismo accademico del riminese Francesco Brici
RIMINI. Francesco Brici (Casale San Vito 1870 – Rimini 1950) completati gli studi alla Scuola d’Arte di Urbino, si trasferisce a Roma per continuare a lavorare con Ettore Ximenes, direttore della scuola. Dal maestro palermitano acquisisce il verismo accademico che caratterizzerà buona parte della sua produzione futura.
Dopo il trasferimento definitivo a Rimini, partecipa all’Esposizione romagnola di belle arti del 1901 con altri pittori riminesi: l’amico Mariano Mancini, Umberto Trevisani, Gualtiero Viroli, il giovane architetto Addo Cupi, il giovanissimo Alberto Bianchi, il più conosciuto Norberto Pazzini e Guglielmo Bilancioni, anche lui pittore accademico di scuola romana, apprezzato ritrattista, decoratore e freschista di chiese ed edifici civili in Italia e in Grecia.
Bilancioni è l’artista di riferimento di Brici, che dall’inizio del secolo scorso lo sostituirà nella ritrattistica locale, nei decori e nella pittura chiesastica. Oltre alla pittura a olio, con la tecnica del pastello realizza alcune delle sue opere migliori come il ritratto del 1898 dell’amico e collega Mariano Mancini e la sequenza dei sette medici riminesi laureati nel 1901, colleghi di università del dottor Oddo Trezzolini, committente dell’opera.
Nel 1906 soggiorna per qualche tempo in Toscana ospite dei conti Della Gherardesca per eseguire una serie di ritratti di famiglia. La sua produzione artistica è molto vasta e presenta una certa discontinuità qualitativa.
Brici vive quasi esclusivamente della propria arte e con essa deve mantenere la famiglia. Una contingenza che gli impone tempi brevi di esecuzione, scarsa selezione dei soggetti e l’impossibilità di rinnovarsi stilisticamente pena il mancato apprezzamento dei committenti.
Solo quando dipinge interni di vita familiare, spesso con personaggi umili, contadini, artigiani o piacevoli scene agresti sembra liberarsi, almeno parzialmente, dalla lezione accademica rivelando alcune piacevoli contaminazioni macchiaiole. Le stesse considerazioni valgono anche per l’arte sacra per la quale è molto ricercato nel riminese e altrove.
Fra le cose più significative, quelle risparmiate dai bombardamenti degli Alleati del 1943-44, a Rimini restano le decorazioni della Cappella della Vergine nella chiesa di San Giovanni Battista, la “Gloria di San Giuliano” sul soffitto della navata centrale della chiesa omonima, la “Cappella dei caduti” nel Tempio Malatestiano e la Cappella Savioli nel cimitero.
A Cesena dipinge la pala d’altare nella chiesa del cimitero e a Borghi i ritratti di don Francesco Renzi e dei fratelli Bernardi oggi nel Museo Renzi. Sempre inserito fra i protagonisti della pittura in Romagna dalla seconda metà dell’Ottocento alla prima metà del Novecento, negli eventi espositivi che si sono susseguiti dagli anni Settanta, è uno dei pochi artisti per il quale non è mai stata organizzata una mostra a lui espressamente dedicata, né, purtroppo, sembra prevista quest’anno in occasione della doppia ricorrenza dei centocinquant’anni della nascita e i settanta della morte.