Franceschini presenta il suo giallo a Bellaria, Cesenatico e Cervia

Cultura

«È facile conoscersi o almeno riconoscersi, in un borgo come questo: poche migliaia di abitanti, cresciuti insieme, diventati adulti insieme e che insieme invecchieranno, in un’armonia che pare seguire il corso della natura». Così viene descritta dal protagonista Borgomarina, zona balneare posta in un luogo imprecisato della riviera romagnola, ridente e pittoresca località «in cui la gente si dà del tu, parla mezzo in dialetto mezzo in italiano, e ogni discorso è la ripetizione di un altro già fatto e ascoltato mille volte, ma va bene lo stesso».
Dopo Bassa Marea (2019) e Ferragosto (2021), il bolognese Enrico Franceschini (classe ’56), giornalista e corrispondente estero per La Repubblica, autore di oltre venti libri di narrativa e saggistica, torna con un nuovo noir: Un’estate a Borgomarina (Rizzoli) è infatti l’ultimo capitolo dell’entusiasmante saga incentrata sul giornalista in pensione Andrea Muratori, per tutti il “Mura”, alle prese con un’indagine, ambientata ancora una volta nella piccola stazione balneare, dove il ricchissimo imprenditore Amos Zoli viene ripescato, ormai cadavere, nelle acque del porto canale.
Il libro sarà presentato questa sera alle 21 a Bellaria, “La Casa Rossa di Alfredo Panzini”; domani alle 21 alla Libreria Mondadori di Cesenatico e il 15 agosto alle 10.30 a Cervia, nell’ambito dell’iniziativa “Gli scrittori vengono dal mare”, spiaggia davanti al Grand Hotel. Tra messaggi in codice, figure che rimandano ai topoi di felliniana memoria – come i “tre moschettieri” che aiuteranno il protagonista – concorsi di bellezza, gite al faro, false piste, pedinamenti notturni, piadinaie ultrasessantenni e gare di tuffi, il romanzo si muove in equilibrio tra la volontà di regalare un’avventura divertente e ricca di suspense e la capacità di tratteggiare una commedia sull’amicizia, che restituisca la narrazione nazionalpopolare del dilatato tempo delle vacanze italiane e sappia anche giocare con la Storia del nostro Paese.
Franceschini, quale è stata l’esegesi di questo nuovo romanzo?
«Nasce dall’idea che in un piccolo borgo antico ci si conosce tutti e per lo più ci si vuole bene ma possono esserci anche torti, rancori e desideri di vendetta che rimangono da saldare per anni o decenni. Questa volta non è un giallo in cui il delitto deriva da traffici di droga o di esseri umani, né da misteri lasciati irrisolti dalla storia, come nei due romanzi precedenti ambientati sempre in Romagna: la chiave è nel cosiddetto fattore umano, le relazioni tra le persone e gli strascichi che lasciano. Come scrive Shakespeare, “il male che l’uomo fa gli sopravvive, il bene giace sepolto con le sue ossa”».
Quali sono stati i principali riferimenti letterari che ha inserito nella narrazione, oltre al celebre “Codice L”, centrale per risolvere l’intricato caso?
«Più dell’intrigo per me sono importanti l’atmosfera e i personaggi, ma un giallo richiede una soluzione e i riferimenti letterari in questo caso sono stati almeno tre: “Il Nome della Rosa” perché la svolta nelle indagini avviene in un’antica biblioteca gestita da frati, come nel romanzo di Umberto Eco; il taccuino che Leonardo da Vinci lasciò realmente ai posteri dopo avere trascorso l’estate del 1502 in Romagna, agli ordini di Cesare Borgia, per rinforzare le difese militari e disegnare il famoso porto leonardesco di Cesenatico; e infine Agatha Christie, maestra di sorprese, con il suo insegnamento per cui niente è davvero come sembra».
Nel libro torna la Romagna, dove ha trascorso tanto tempo (“L’estate è la metafora della vita”, dice il Mura) e che nel suo lavoro viene rappresentata nei luoghi, nell’ironia e nelle goliardate della sua gente, nell’amore per le donne e nell’importanza dell’amicizia. Cosa rappresenta per lei questa zona – resa emblematica dal nome scelto per la località che ospita la vicenda, inventata ma rappresentativa di tanti luoghi rivieraschi (in particolare di Cesenatico) – e quanto di autobiografico c’è nel protagonista?
«Per me, cresciuto a Bologna e poi vissuto all’estero per più di 40 anni, la Romagna è come la seconda patria, la terra in cui il tempo si dilata attraverso i ricordi delle estati dell’infanzia e della giovinezza. E il protagonista del romanzo, giornalista in pensione come me, è il mio alter ego: ci somigliamo in tutto tranne che in una cosa, lui ha fatto quello che io in fondo desidero ma che le circostanze mi hanno finora impedito di fare, è tornato a vivere in Romagna mentre io continuo a vivere a Londra. Ma con i miei libri posso almeno immaginare una seconda vita».

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