Franca Fabbri e il suo "Rosario. Diario di vita”

Cultura

SAN MAURO PASCOLI. Nuova tappa di un vissuto di memorie personali e familiari, divenuto esperienza descrittiva, il nuovo libro di Franca Fabbri: “Rosario. Diario di vita” , con la prefazione di Gianpaolo Bernabini (Fara editore).
Una vita che scorre come una sagace sceneggiatura intessuta sui grani del rosario. La scrittrice e poetessa sammaurese, autrice dei lirici versi de “Il re fioraio” e “L’albero del melograno”, come delle pagine del romanzo romagnolo “Un mare di nebbia”, racconta eventi, incontri, episodi significativi, scoperte, lungo un cammino di vita ricco di svolte, di riflessioni suscitate dai drammi della vita, ma anche nutrito dall’amore per l’arte, la musica. la lettura, la natura. Per arrivare a cogliere che l’essenziale è la capacità di rendersi conto di essere amati e quindi di amare.
Fabbri, perché “Rosario. Diario di vita”? E perché “cronaca di un’esistenza innamorata”?
‹‹Non è solo come un diario spirituale, ma anche una cronaca di quei pensieri che fioriscono durante ogni recita del rosario, come dei flash: sentimenti, sensazioni, ricordi che riportano al passato, a quanto ci ha fatto gioire e soffrire. Pensieri che sono diventati quindi una sorta di diario di bordo della mia vita, di quel che ci spinge a chiedere con fede e speranza, come col rosario, come migliorare giorno per giorno la nostra umanità. Un’esistenza innamorata certamente del senso religioso, ma anche animata dall’amore per ciò che pervade il mio scrivere, che fa sentire dentro con ancora più intensità il desiderio di trasformare la vita. Mi ha colpito recentemente la lettura di “Madrigale senza suono” di Andrea Tarabbia. Con una capacità di scavo psicologico che mi ha affascinato anche come scrittrice, l’autore giunge quasi a personificare il dualismo tra la coscienza e la colpa. che genere il senso del peccato e la necessità di richiedere il perdono››.
In che modo la preghiera si rivela ‹‹incontro, scontro, spesso un attesa››, e qual è il rapporto tra preghiera e poesia?
‹‹La preghiera è una supplica, una consolazione ma soprattutto una richiesta fiduciosa di aiuto dettata dall’angoscia, dalla ansia. È sempre stata tale nei secoli, e nelle varie religioni. Ad essa segue il momento del ringraziamento per il soccorso ricevuto nel momento di bisogno (‹‹come profughi recitiamo preghiere per salvarci››). Pregare viene dal latino “precare”, da cui la definizione di senso della precarietà. La preghiera sovente fa parte del mio scrivere, ed è generata dal ricordo di autori che arricchiscono anche la mia poesia come Pascoli, Dino Campana, o pensatori e poeti pervasi di religiosità come padre Venanzio Reali, David Maria Turoldo, fino a Vito Mancuso››.
Il senso dell’arte e dei luoghi di preghiera pervade tutta la sua meditazione. Dagli ex voto del Monte di Cesena alle “Madonne abbandonate” di Tonino Guerra, nei percorsi che portano a Camaldoli e al convento francescano di Villa Verucchio, ma anche nei suoi versi de “Le rose di Petrella Guidi”.
‹‹Giro sempre intorno all’arte, all’esigenza sentita di parlare della bellezza, della gioia che dà parlarne. La bellezza che si trova anche in tante piccole opere che invitano a soffermarsi anche sui particolari, ad esempio gli ex voto dell’Abbazia del Monte, espressioni di arte minore, popolare, ma capaci di guidare alla riflessione sul rapporto tra la sofferenza e gli eventi salvifici, legati quindi anche al concetto di una storia che è fatta di tante storie e drammi personali››.

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