Fabrizio De André “Way Point. Da dove venite... dove andate?”

L’anniversario della morte di Fabrizio De André, scomparso 25 anni fa, porta con sé un’operazione discografica, “Way Point. Da dove venite... dove andate?”, condivisa dalla Fondazione Fabrizio De André Onlus e dalla Sony Music Italia. Si tratta della ripubblicazione, in questo 2024, di tutti gli album dell’artista ligure, a cui si aggiungerà un disco che raccoglie i singoli sparsi e introvabili. L’ordine di uscita sarà cronologico (a partire dal 16 febbraio): si comincerà con “Volume 1”, “Tutti morimmo a stento”, “Volume 3” e “La buona novella” e si arriverà via via fino ad “Anime salve” (nei libretti degli album saranno presenti i testi delle canzoni ma anche note autografe, appunti vari e citazioni da interviste...). Una bella notizia per i tanti estimatori di De André, che ci offre lo spunto per parlare proprio di “Anime salve”, forse il capolavoro definitivo del cantautore genovese.

De André è stato la dimostrazione vivente che una canzone può essere corrosiva e impervia, lirica e realistica. Un artista rivoluzionario, capace di liberare la musica italiana dal peso della tradizione e di affrontare con coraggio i territori meno battuti. Allo stesso tempo, però, “egli non ha mai dimenticato la tradizione, ma ha saputo rinnovarla, recuperarne le parti più vive ed importanti”. “C’è una bellissima analisi fatta da Franco Fabbri nel libro ‘Accordi eretici’ - ha scritto Enrico De Angelis - là dove conia l’idea del ‘blues rinascimentale’, nel senso che De André evita il meccanismo tonica-dominante e l’invadenza della sensibile, e usa il modo minore come era uso nel Medioevo e nel Rinascimento e come poi è stato nel blues e nel folk”.

In “Anime salve”, uscito nel 1996, la combinazione fra radici etniche, strutture di ballata e incursioni cameristiche si configura come corredo significante per una voce, quella di De André, piena di note basse e, contemporaneamente, di armoniche alte (non solo: per il cantautore ligure c’è, imprescindibile, l’eleganza del porgere la voce, della dizione nel canto...). Le canzoni, i cui arrangiamenti più che mai si rivelano portatori di senso, sono scandite da un’invenzione metrica rigorosissima e sono costruite facendo leva su una parola percepita anche come suono (e sull’utilizzo del dialetto genovese in chiave fonosimbolica), sulla segmentazione della melodia, su un movimento armonico in grado di infondere alle stesse maggior fascino (vedi Dolcenera), sulle esplorazioni timbriche (nel disco vengono usati 48 strumenti diversi). Il tema di “Anime Salve” è quello degli emarginati del mondo: travestiti, zingari, disperati. De André si schiera, come sempre, con la parte più debole e vulnerabile dell’umanità, trovando toni e parole di struggente elegia [“Sotto le ciglia di questi alberi / Nel chiaroscuro dove son nato / Che l’orizzonte prima del cielo / Era lo sguardo di mia madre / ‘Che Fernando è come una figlia / Mi porta a letto caffè e tapioca / E a ricordargli che è nato maschio / Sarà l’istinto sarà la vita’ / E io davanti allo specchio grande / Mi paro gli occhi con le dita / A immaginare tra le gambe / Una minuscola fica” (Prinçesa); “Il cuore rallenta la testa cammina / In quel pozzo di piscio e cemento / A quel campo strappato dal vento / A forza di essere vento / Porto il nome di tutti i battesimi / Ogni nome il sigillo di un lasciapassare / Per un guado una terra una nuvola un canto / Un diamante nascosto nel pane / Per un solo dolcissimo umore del sangue / Per la stessa ragione del viaggio viaggiare” (Khorakhané); “Per chi viaggia in direzione ostinata e contraria / Col suo marchio speciale di speciale disperazione / E tra il vomito dei respinti muove gli ultimi passi / Per consegnare alla morte una goccia di splendore di umanità di verità” (Smisurata Preghiera)].

Ogni brano dell’album, scritto con Ivano Fossati, pare offrire l’esempio di cosa voglia dire compiere un cammino autentico verso una consapevolezza sonora e poetica. De André - attraverso la sua poesia musicale - arriva a restituirci il nostro presente, “fornendoci stupori e spiazzamenti”. “Già a vent’anni avevo scoperto che gli uomini agiscono per meccanismi complessi, anche indipendentemente dalla loro volontà. Allora finisci per trovare poco merito nella virtù e ben poca colpa nell’errore. Se estendi questo tipo di indulgenza anche a te stesso, riesci ad avere un rapporto meno contrastato con il tuo prossimo” (Fabrizio De André).

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