Eleonora Duse e D'Annunzio: notte d'amore a Rimini

Cultura

RIMINI. Estate 1897. La buona società del lido è in fermento. Al Kursaal, sulla piattaforma, nei salotti dei villini, nel cerchio d’ombra dei parasole o dietro il frusciare dei ventagli non si parla che di lei: Eleonora Duse (1858-1924), il personaggio del momento. Acclamata dal pubblico di tutto il mondo ed esaltata dai critici più famosi, la grande diva del teatro italiano è arrivata a Rimini nel pomeriggio di lunedì 19 luglio e si trattiene per qualche giorno a Villa Adriatica, l’albergo più prestigioso del litorale.
L’agitazione dei bagnanti è più che giustificata. La trentanovenne attrice è al culmine di una luminosa carriera e tutti ammirano il suo talento. Le cronache dei giornali ne esaltano l’espressività del volto, il lampo dello sguardo, l’incanto della voce, i gesti silenziosi ma eloquenti; scrivono del suo aspetto delicato, del suo carattere irruente, della sua straordinaria sensibilità.
L’attrice a Rimini per riposarsi
«Una creatura – dicono – infinitamente impressionabile ed inquieta». Della leggendaria “divina” si seguono gli spostamenti, si esaltano i trionfi, si giustificano i capricci, si pettegola… degli amori.
La fedele, romantica interprete delle eroine di Alessandro Dumas e di Vittoriano Sardou ha scelto la spiaggia di Rimini per trascorrere un periodo di assoluto riposo. Ha fatto sapere che non accetterà alcun invito pubblico o privato e ha chiesto gentilmente che nessuno vìoli la sua privacy.
Tutti si fanno in quattro per rispettare i desideri di questa «gloria dell’Arte e dell’Italia». La Patria del 21 luglio e L’Ausa del 24 luglio 1897 riferiscono che la Giunta comunale le ha inviato i saluti della città «orgogliosa di ospitarla» dichiarandosi disponibile a esaudire qualsiasi sua richiesta. Il Marecchia del 24 luglio si preoccupa di frenare gli entusiasmi degli ammiratori avvertendo che «l’esimia artista» necessita di «un riposo ed una solitudine completa».
Duse sta attraversando un momento molto delicato sia come donna che come artista. Dall’autunno del ’95 ha stretto con Gabriele D’Annunzio (1863- 1938) un “patto” di lavoro che impegna entrambi in ambiziosi progetti: lei è sicura di avere trovato nell’estroso scrittore colui che potrebbe dare vita a un nuovo teatro; D’Annunzio è convinto che l’attrice impersoni l’espressione estetica corrispondente alla sua poetica teatrale. Ma il “patto” non si esaurisce in un semplice rapporto di lavoro.
Tra i due, ancora sentimentalmente legati a precedenti storie – Eleonora ad Arrigo Boito e Gabriele a Maria Gravina Cruyllas –, c’è una forte attrazione non consolidata in amore solo per il comportamento instabile del Vate, di cinque anni più giovane dell’attrice, smanioso di libertà e in perenne ricerca di emozioni. Le ultime vicende di questo accordo non sono state del tutto tranquille. In giugno, Sogno di un mattino di primavera, scritto appositamente per Duse e da lei portato sulle scene parigine con grande impegno, non ha ricevuto il successo sperato: il pubblico ha applaudito l’attrice, ma la critica ha accolto l’opera piuttosto freddamente. E la delusione che ne è derivata ha portato qualche amarezza tra i due.

A Rimini, nella “magica” città di Paolo e Francesca, «la grande donna dagli occhi di pianto e d’infinito» vuole restare sola e meditare sul suo tormentato sodalizio. Ma sola non resta, almeno per una notte. La sera del 19 luglio D’Annunzio, inaspettato, la raggiunge. L’indomani il poeta riparte per Francavilla dove è atteso per la campagna elettorale: è candidato per un posto di deputato alla Camera del collegio abruzzese di Ortona a Mare.
Notte d’amore con D’Annunzio
La “toccata e fuga” di Gabriele ha effetto immediato. «Ieri non potei resistere all’angoscia di vederti partire… », si precipita a scrivere Eleonora al suo “amante”. Quella prima notte d’amore segna per i due una svolta cruciale: l’avvio della sublime intesa di lavoro e di passione che ispirerà i più bei successi artistici e letterari di quell’inquieto periodo a cavallo dei due secoli.
Eleonora Duse era già venuta a Rimini nel 1882, agli esordi della carriera, quando faceva parte della compagnia drammatica di Cesare Rossi. Si fermerà ancora frettolosamente il 26 maggio 1901 all’albergo Aquila d’Oro insieme con D’Annunzio (Il Martello, 1 giugno 1901).

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