Calabresi: «Macron nega l'estradizione di Pietrostefani? Portarlo in carcere ora non avrebbe senso»
RIMINI
MARIA TERESA INDELLICATI
L’ultima tornata di “Biglietti agli amici” invita oggi 30 giugno (ore 21) alla Piazza sull’Acqua di Rimini Mario Calabresi, Cecilia Sala e Silvia Nucini per parlare di “Le voci, e il suono, dal fronte”. Alle 22, poi Chiara Valerio e Jonathan Bazzi discutono di “Le voci, e i corpi, non conformi” con la scrittrice Lorenza Ghinelli.
Mario Calabresi, figlio del commissario Luigi Calabresi, assassinato da esponenti di Lotta Continua nel maggio 1972, inizia la carriera come cronista parlamentare all’Ansa, è stato corrispondente dagli Stati Uniti e ha diretto La Stampa e La Repubblica. Oltre all’attività di scrittore (il lavoro più recente è Quello che non ti dicono), si dedica alla sperimentazione di nuove forme di giornalismo e narrativa: a pochi giorni dallo scoppio della guerra, con Silvia Nucini era a Siret, al confine tra Ucraina e Romania, per raccontare delle vittime della guerra attraverso Stories, Altre/Storie e le altre produzioni del podcast Chora Media, fondato e guidato da lui stesso.
Calabresi, è notizia di oggi: la Corte d’appello francese ha negato l’estradizione per 10 ex terroristi, fra cui Giorgio Pietrostefani, condannato in Italia come uno dei mandanti dell'omicidio di suo padre.
«Sono sereno: è da tempo che con mia madre e i miei fratelli siamo convinti che portare in carcere oggi Pietrostefani non abbia senso: dopo cinquant’anni il mondo è cambiato, lui è anziano e malato, e che vada in carcere in Italia non cambierebbe le nostre vite. Varrebbe molto di più invece la verità: chi si è macchiato di reati gravissimi, oggi dovrebbe avere il coraggio di fare luce su quanto è accaduto, ammettendo le proprie responsabilità e chiarendo le zone d’ombra».
Si tratta di una decisione politica?
«Non lo penso. È notevole però che dopo la decisione di Macron e del suo ministro della Giustizia di rivedere l’estradizione, un atto simbolico importante, la scelta di oggi non tenga conto neppure delle differenze fra i vari accusati… È un passo indietro, che garantisce l’impunità a chi si è macchiato di reati di sangue, ed è una costante nel sistema giuridico francese, che tende a trovare una giustificazione e una copertura storica a degli assassini».
Voi vi occuperete di voci dalla guerra: oggi, la notizia che Svezia e Finlandia entreranno nella Nato.
«È la scelta di due paesi vicini alla Russia che, dopo quanto successo all’Ucraina, voglio mettersi sotto l’ombrello della Nato perché pensano possa proteggerli. È molto triste: parliamo di stati infatti che avevano fatto della neutralità una bandiera, e sono costretti a mettersi in un’alleanza militare…».
L’incontro di oggi però non riguarderà la geopolitica.
«Si tende molto a tracciare scenari, strategie, numeri. Noi invece parleremo della sofferenza delle popolazioni civili, dei milioni che hanno dovuto lasciare il proprio paese e vagano in Europa, oppure di quelli che entrano in un supermercato e vengono uccisi dai missili. Questo mi sconvolge, che ci sia una guerra in Europa alla stessa distanza da Milano a cui si trova Reggio Calabria, una guerra che ci riguarda, perché riguarda tante persone che vivono fra noi. Il nostro contributo è raccontarla: con Chora e Altre/Storie, declinando temi di attualità attraverso le vicende di esseri umani, penso alla “storia degli eventi” di Bloch, di Simon Schama, da cui rimasi folgorato all’Università. Non possiamo ragionare solo di Putin o Zelenski: con razionalità, senza lasciarci travolgere dal sentimento, è nostro dovere indagare le conseguenze dei grandi fatti storici sulle persone, sul loro passato e sul loro futuro. Per comprendere meglio anche la grande storia».