Bankitalia, il governatore Visco a Ravenna per Dante 700

Cultura

Il parallelismo tra l’economia ai tempi di Dante e quella attuale, tra analogie (le crisi economiche e la peste) e differenze. Un viaggio attraverso i secoli e uno sguardo al futuro nelle parole appassionate e coinvolgenti di un oratore d’eccezione, il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, che ieri a Ravenna ha coronato la X edizione del Festival “Dante2021” promosso dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Ravenna, con la direzione scientifica dell’Accademia della Crusca. Punti di contatto e differenze tra la situazione finanziaria dell’epoca e quella attuale, un excursus che ha segnato l’atto conclusivo della rassegna che ha visto Visco catturare l’attenzione della platea alternando riferimenti economici a letterari, citando anche Keynes e Shakespeare.
Perché, come anticipato da Antonio Patuelli, presidente del Gruppo Cassa Ravenna e dell’Abi, nonché “padrone di casa”, se è vero che «fin dagli anni liceali di Dante abbiamo studiato di tutto», è finora mancata una lettura dell’uomo e della sua visione dell’economia, nonostante i riferimenti in materia non manchino nelle sue opere, a partire dalla Divina Commedia in cui non mancano critiche verso usurai, truffatori e ladri, non a caso inseriti nei gironi dell’Inferno.
A scavare nell’animo “dell’economista” Dante, è Visco, che parte illustrando la situazione dell’epoca, dal “boom” tra Duecento e Trecento, «quando alcuni studiosi ritengono nacque la globalizzazione», con lo sviluppo dei commerci, soprattutto in campo tessile, e una Firenze che si affermò «come principale piazza finanziaria internazionale» fino al brusco stop dell’espansione economica, «le crisi finanziarie e la pandemia che divenne endemica uccidendo 25 milioni di persone» sugli 80 milioni che all’epoca popolavano l’Europa. Corsi e ricorsi storici ancora attuali. E oggi come allora serve una via d’uscita per raggiungere «il bene comune». Dante vedeva come soluzione esterna quella di «un monarca universale», ruolo che il governatore della Banca d’Italia vede ora «nella cooperazione internazionale».
E lo stesso Patuelli ha attinto al pensiero dantesco per rivolgere un monito a tutto il mondo dell’economia «perché tutti seguano l’ideale etico del Catone dantesco, per la rigida rettitudine per l’adempimento dei doveri per stare lontani anche dalle colpe dell’Inferno dantesco, dall’ignavia, dagli avari e dai prodighi, dagli scialacquatori e dagli usurai, dai barattieri, dagli ipocriti, dai ladri, dai seminatori di discordia, dai traditori della Patria e dei benefattori».

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