A Santarcangelo "Violences" opera di Léa Drouet, attrice e regista francese

È al Lavatoio (ore 20, replica domani alle 22) che il pubblico di Santarcangelo dei Teatri avrà la possibilità di vedere uno spettacolo di grande intensità quale “Violences”, di Léa Drouet. Un lavoro in cui l’attrice e regista francese tenta di mostrarci il rovescio delle immagini dominanti della violenza. Partendo dalla onsiderazione che queste immagini – attraverso il loro potere quasi ipnotico – ci impediscono di agire e sentire, Drouet cerca di infiltrare il movimento all’interno delle identificazioni precostituite di soggetti e situazioni. Da sola sul palcoscenico, all’interno di una scatola piena di sabbia, costruisce e disfa architetture fatte di muri, paesaggi, confini, attraverso i quali la narrazione si evolve. Drouet ha scelto questo materiale resistente, solido e friabile per costruire paesaggi in movimento: da terre e campi attraversati dagli ebrei negli anni ’40 a torri e palazzi delle città di oggi, dove si gioca la politica migratoria. Con una drammaturgia di risonanze, intrecciando parola, suono e scenografia, la regista prova a portarci oltre ai titoli dei giornali, al di là delle immagini violente che, pur scioccandoci, non ci permettono di sentire, né di reagire.
“Violences” è un tentativo di resistenza alla passività, un modo per recuperare l’esperienza della violenza come qualcosa che non capita solo agli altri, ma passa attraverso ognuno di noi. Da testimone a performer, da performer a narratrice, Léa Drouet inizia a raccontare il viaggio di sua nonna Mado, che da ragazzina sfuggì al rastrellamento del Velodromo d’Inverno, la più grande retata di ebrei condotta in Francia durante la Seconda guerra mondiale. Da qui allarga lo sguardo al presente: maggio 2018, un furgone viaggia verso l’Inghilterra con un piccolo gruppo di persone; tra loro c’è Mawda, una bambina curda di due anni, seduta in braccio alla madre. Non arriverà mai a destinazione, un poliziotto belga la ucciderà con un colpo di pistola durante l’inseguimento. Nonostante i tentativi da parte della polizia di insabbiare l’incidente, la memoria resta. E forse, nella fragilità dei granelli di sabbia, possiamo distinguere le fondamenta di un mondo capace di gestire i conflitti in forme diverse.
Léa Drouet vive e lavora a Bruxelles dal 2010. Il suo operato assume forme diverse, a cavallo tra installazione, teatro e performance. Nel 2014 ha fondato Vaisseau, una casa di produzione che sperimenta nuovi approcci e formati. Legata alla scena musicale cittadina, collabora con una varietà di musicisti ed è circondata da artisti che intrecciano diverse discipline. La sua ricerca artistica s’interroga su come raccontare i problemi dell’umanità attraverso i sensi, il suono, il corpo e la materia. Tra i suoi lavori ricordiamo “Mais au lieu du péril croit aussi ce qui sauve”, “Squiggle”, “Boundary Games”, “Hostilités pour l’Objet des mots”. Nel 2020 è diventata coordinatrice artistica di Atelier 210 a Bruxelles.

Newsletter

Iscriviti e ricevi le notizie del giorno prima di chiunque altro Clicca qui