Cronaca riminese: le fake news sugli “spioni” della Brauerei Spiess

Editoriali

Fino all’estate del 1914 la fabbrica della Brauerei Spiess, la “Birra di Rimini”, viaggia a gonfie vele (si veda il Corriere Romagna di martedì 19 novembre 2019): è un’industria solida e fiorente aperta ai grandi mercati nazionali ed esteri. La favorevole congiuntura si interrompe bruscamente il 23 luglio, quando l’Austria impone l’ultimatum alla Serbia. Con l’inizio delle ostilità, la situazione imbocca un vicolo cieco e impazzisce. L’immediato rincaro dei viveri determina il rialzo del prezzo della birra e l’aumento, ritenuto eccessivo, esaspera i rapporti tra la cittadinanza e i dirigenti dello stabilimento. I quali, in questo contenzioso, hanno anche il torto di essere svizzeri… di ceppo teutonico e per questa “colpa d’origine” sono sospettati di intrattenere rapporti commerciali con le ditte tedesche.
A Rimini, più ancora che in altre città italiane, la scelta di campo nei confronti dello scacchiere della guerra è quasi immediata. Il 12 settembre 1914 il Giornale del Popolo, di tendenza repubblicana, manifesta i primi significativi nervosismi: «Circolano in questi giorni troppi tedeschi in Italia. La polizia ha qua e là eseguito arresti e constatato che la presenza fra noi di questi sudditi di Guglielmo il Pazzo era dovuta a servizi di spionaggio. Anche nella nostra città v’è qualcuno il cui contegno – specie l’assiduità con cui presenzia l’arrivo e la partenza alla nostra stazione dei treni e la diligenza con la quale sembra ispezionare i medesimi – fa parecchio dubitare… ». Congetture demenziali, naturalmente – fake news diremmo oggi, soggiogati dall’inglesismo –, ma informazioni che intossicano gli animi surriscaldandoli, insinuando il sospetto che qualche “birraio” possa tramare nell’ombra chissà quali cose.
Il boicottaggio contro la fabbrica
Da queste faziosità politiche prende corpo un assurdo boicottaggio dei prodotti della Brauerei Spiess da parte degli esercenti; una mossa sciocca che determina un calo vertiginoso delle vendite con conseguente alleggerimento della produzione e drastica riduzione dell’organico. La stessa sorte tocca anche agli stabilimenti della Brauerei Spiess di Mestre, Venezia, Padova, Ferrara, Bologna (Giornale del Popolo, 27 marzo 1915). Il fatturato di tutto il mastodontico complesso industriale cala a picco.
Per superare il difficile momento di crisi, il direttore dello stabilimento riminese chiede tempo e fiducia ai creditori e sostegno finanziario agli enti di credito cittadino. Nessuno si sente in dovere di alzare un dito e dopo i licenziamenti arriva la chiusura della fabbrica posta sotto sequestro dalle autorità giudiziarie. Alcuni “commercialisti” svizzero-tedeschi restano in città per il normale disbrigo delle pratiche relative al fallimento e, nel disperato tentativo di salvare il salvabile, cercano di riannodare i fili del dialogo con la municipalità. Questa presenza, anziché rassicurare i riminesi sul futuro dell’industria, alimenta l’equivoco degli «spioni tedeschi». Il Popolo d’Italia del 23 marzo 1915, in una corrispondenza da Bologna distorce ulteriormente le notizie: «Corre una gravissima voce: si vuole che detti depositi siano stati chiusi ad arte e che siano stati minati per farli saltare a tempo opportuno. È da notare che i depositi della Spiess sono in tutte le città nei pressi delle Stazioni ferroviarie e precisamente a breve distanza dai bivi principali… ».
Il duro attacco contro i “tedeschi” della birra, del tutto infondato, mette in moto le indagini della polizia e scatena l’allarmismo della popolazione.
L’entrata dell’Italia nel conflitto europeo a fianco dell’Intesa e contro gli Imperi Centrali è il colpo di grazia per i dirigenti dello stabilimento, ancora intenti a cercare una ipotetica soluzione. Il 24 maggio 1915, primo giorno di guerra, gli austriaci bombardano Rimini dal mare. Nessun danno è registrato alle persone e alle cose, ma la città piomba in un’atmosfera di nevrastenia collettiva e qualcuno, non sapendo come smaltire la propria bile, tenta di riversarla sui “tedeschi” della Brauerei Spiess incolpandoli di aver fatto strane segnalazioni alle navi nemiche. L’accusa, gravissima, provoca un’immediata “caccia al tedesco” fortunatamente interrotta dalle forze dell’ordine che a stento riescono a sottrarre al linciaggio un povero cristo di svizzerotto (Il Momento, 29 maggio 1915). La denuncia che segue porta all’arresto del direttore e di alcuni impiegati della fabbrica, ma dopo meticolose indagini il Tribunale di guerra di Venezia li scagiona da qualsiasi imputazione e alla fine di giugno li mette in libertà. L’archiviazione del caso lascia indifferenti i riminesi ormai totalmente immersi nella nuova drammatica realtà della guerra. La città è bombardata una seconda volta dal mare (18 giugno) e poi altre tre volte dal cielo (15 dicembre, 11 gennaio e 15 febbraio 1916). L’obiettivo strategico nemico è sempre la Stazione ferroviaria che ha nelle vicinanze, imponente ma inattivo, lo stabilimento della birra Spiess (L’Ausa, 19 giugno 1915; 15 gennaio 1916).
La fabbrica all’asta
Dopo le bombe il terremoto (15 e 16 agosto 1916). Questa seconda sventura aggrava le precarie condizioni psicologiche ed economiche dei riminesi già duramente colpiti dal fermo dell'industria turistica, dal blocco di tutte le attività legate al commercio marittimo e alla pesca, dal rincaro dei generi di prima necessità ed anche dal razionamento del pane e della farina. In questa drammatica situazione, nel giugno del 1917, la fabbrica della birra è messa all’asta. I primi di ottobre del 1918, il piccone demolitore dà il via al suo abbattimento (Corriere Riminese, 11 ottobre 1918).
Il 6 novembre 1920 L’Ausa, rievocando la distruzione di quell’industria che avrebbe potuto dare lavoro a molti disoccupati e benessere alla città usa la parola «delitto». Un «delitto», ripete il giornale dei cattolici riminesi l’8 luglio 1922, che «graviterà sempre come incubo sulla coscienza dei veri responsabili».

Newsletter

Iscriviti e ricevi le notizie del giorno prima di chiunque altro Clicca qui