Cristina Donà al Teatro degli Atti di Rimini: l'intervista

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«Il desiderio è come un cane» ed «è tutta colpa delle stelle». Tornano a riempire l’universo le parole e la musica di Cristina Donà, che nel finire dell’estate – in scia a un tour che l’ha vista esibirsi in palcoscenici diversi dal nord al sud del Paese – approda a Rimini, al festival Le città visibili, questa sera (Teatro degli Atti, ore 21,30). Insieme all’ormai inseparabile Saverio Lanza, la cantautrice sarà protagonista di Incontro e Racconto, per raccontare e cantare i brani del nuovo album DeSidera, insieme ad un amico di vecchia data, il musicista e illustratore riminese Roberto Grassilli.

Sarà una serata particolare. Cosa proporrete al pubblico?

«Sono felice di approdare a Le città visibili, un contesto con una programmazione intensa e bella. Con Roberto ci conosciamo dai tempi in cui faceva parte di una band rock (gli LMT, ndr) e lo conosce bene anche mio marito Davide Pazienza per via dei suoi legami con la musica. Sarà un incontro speciale, anche se non so ancora che tela stia imbastendo alle mie spalle».

Oltre alle parole ci sarà la musica, con alcuni brani del nuovo album. Da “Universo” – brano del 2007, tra i più popolari della sua carriera – a “DeSidera”, dove si sottolinea l’origine della parola da “sidera”, stelle in latino, lontane e irraggiungibili ma attraenti come i desideri appunto, sembra essere maturato un sentimento diverso. È così?

«Il percorso che mi ha portato a DeSidera è parte di un cammino di osservazione rispetto ai sentimenti, alle emozioni umane e al loro riverbero. Un percorso di cui fa parte anche la nostra capacità di sopravvivenza anche al dolore che la vita ci porta appresso. Quando ho scritto queste canzoni, mi sono accorta che quello che emergeva era un desiderio di autoanalisi rispetto alle condizioni in cui ci troviamo, rispetto al tema delle nostre responsabilità. Avvertivo l’esigenza di scrivere qualcosa che avesse a che fare con una responsabilità necessaria per cambiare direzione».

Il disco si apre con “Distratti”, un brano che addita la società consumistica in cui viviamo, con l’immagine, addirittura, di «un centro commerciale di venerdì»: «Non ci serviva niente, niente, eppure siamo qui.. Altro che aperitivo, ci siamo bevuti il pianeta». Una impronta decisamente ambientalista.

«Spesso ho inserito la natura nelle mie canzoni. Come metafora di sentimenti o come riferimento a qualcosa a cui apparteniamo. Tendiamo a pensare che sia la natura ad appartenere a noi, l’abbiamo sottomessa, ma la natura è immensamente più potente di noi e quello che possiamo fare è prendere atto di questo. Con la tecnologia, che pure ci è necessaria, ci siamo spinti a non prestare più ascolto alla natura. Mentre oggi bisognerebbe consumare davvero meno tutto, anche se non si capisce quali possano essere davvero le azioni positive».

Cosa c’è di nuovo in questo album rispetto al passato?

«C’è una libertà diversa nella struttura delle canzoni, oltre che a suoni elettronici e loop che in passato erano entrati molto raramente. Insieme a Saverio Lanza, sono partita da piccole frasi, frammenti, come partendo da un nocciolo intorno al quale si è poi sviluppato il frutto. Mi sono sempre sentita libera nelle mie creazioni, ma questa volta ho voluto sperimentare di più. Anche se per certi versi per chi mi segue dagli inizi è un po’ un ritorno a casa».

Nella veste dell’album, la copertina, c’è anche un curioso apporto romagnolo. Ce lo può raccontare?

«I disegni sono di Federica Fabbri, una studentessa riminese scelta tra diversi studenti dei corsi del docente di grafica Cesare Camardo, con cui spesso collaboriamo. Ci ha convinto la semplicità grafica dei suoi disegni e poi il viso di donna colto in un momento quasi meditativo, non si sa se sta immergendo o salendo dall’acqua. Sta un po’ a metà tra arrendevolezza e presa di coscienza.. mi è sembrata molto giusta per questo album».

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