Crac Ocr, la maxi-confisca all'ex vice presidente del Ravenna Calcio

Il suo nome è rimasto legato al Ravenna Calcio, in particolare agli anni che hanno segnato l’inizio della fine dell’era Fabbri, con il crac giallorosso per il quale, insieme all’ex presidente, è stato prima condannato e poi assolto in appello. Ma i fatti che recentemente sono costati la confisca per un valore pari 450mila euro ad Antonio Ciriello sono legati a un altro fallimento, quello della sua Ocr, e sono successivi al tracollo della società sportiva, culminata (dopo la cessione a Sergio Aletti) con la retrocessione con doppio carpiato dalla serie C1 alla D. E’ del 2016 il declino della Officine costruzioni Ravenna, azienda inserita nel settore delle costruzioni meccaniche “on e offshore”, di cui Ciriello era amministratore unico. Accusato di bancarotta fraudolenta, frode fiscale e falso in bilancio, il 54enne originario di Napoli ha patteggiato a due anni (con pena sospesa). La sentenza, vergata dal giudice per l’udienza preliminare Janos Barlotti, è divenuta definitiva lo scorso febbraio; al netto dei tempi tecnici per trasmettere gli atti alla Guardia di Finanza di Ravenna, gli investigatori del Nucleo polizia Economico-Finanziaria hanno eseguito il provvedimento di confisca dei beni e delle liquidità in suo possesso.

L’inchiesta sul crac Ocr

L’inchiesta, a suo tempo coordinata dal sostituto procuratore Marilù Gattelli, aveva permesso di appurare che negli anni immediatamente precedenti al fallimento della Ocr, Ciriello, pur consapevole dello stato di sofferenza della società, aveva deliberatamente architettato un piano per svuotare del tutto le casse. Come? Mettendo in bilancio e contabilizzando fatture false, per lo più gonfiate, emesse da un’altra società campana di cui era amministratore di fatto. I costi dei servizi resi all’azienda ravennate dalla fornitrice campana venivano sistematicamente raddoppiati, consentendogli così di annotare costi fittizi per 1,8 milioni di euro. Dividendo per due, il conto è presto fatto per risalire all’illecito risparmio fiscale ottenuto, ovvero 900mila euro. Ed ecco come quelle cifre, effettivamente versate dalla Ocr, rientravano nelle tasche dell’imprenditore. Stando a quanto ricostruito a suo tempo, i pagamenti incassati venivano poi stornati a un’altra società compiacente e successivamente prelevati in contanti, o bonificati verso terze persone che poi li restituivano all’imprenditore.

Ristoranti di lusso e viaggi

Parallelamente lo stesso Ciriello interveniva personalmente: ed ecco una fattura falsa di un’azienda rumena pagata per 40mila euro, e bonifici per 120mila euro a titolo di restituzione di prestiti in realtà mai fatti alla società. Mentre la Ocr naufragava, interrompendo pure il pagamento di forniture e stipendi ai dipendenti, il 54enne continuava ad usare la carta di credito aziendale, spendendo oltre 50mila euro tra ristoranti di lusso, boutique, gioiellerie e viaggi internazionali. Fra i creditori, solo due tra i tanti erano stato inoltre prediletti a svantaggio degli altri, saldando 150mila euro. Da qui l’ulteriore accusa di bancarotta preferenziale, sommata anche alle false comunicazioni sociali, usando note di credito false per riportare in bilancio un ammontare di debiti inferiore agli oltre 400mila euro reali. Un carico di accuse per le quali Ciriello (difeso dagli avvocati Giovanni Scudellari e Antonio Primiani) se l’è cavata con 2 anni e pena sospesa, pur con la consapevolezza che la confisca dei beni disposta dal giudice, prima o poi, gli avrebbe presentato il conto. Un conto che ha congelato conti bancari, quote sociali e un immobile.

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