Imola, crac Mercatone Uno: confermata l’assoluzione delle figlie di Cenni

«La Corte d’Appello di Bologna ha confermato l’assoluzione in favore di Elisabetta, Micaela e Susanna Cenni e di Giovanni Beccari con la formula più ampia, perché il fatto non sussiste». Con questa nota, diffusa ieri, i legali della difesa Luca Sirotti, Chiara Tebano e Olmo Corrado Artale hanno reso noti gli ultimi sviluppi giudiziari sul crac Mercatone Uno.

Un caso nato ormai sei anni fa, quando la Procura della Repubblica di Bologna contestò ai soggetti, allora indagati, il reato di bancarotta distrattiva per oltre 200 milioni di euro a seguito dell’accesso all’amministrazione straordinaria delle società del Gruppo.

«La decisione – dichiarano i legali – che segue il parziale annullamento della sentenza di primo grado ad opera della Cassazione, conferma lo smaccato errore di questa imputazione, già radicalmente smentita alla perizia disposta dal Giudice di prime cure. Non solo non vi fu una condotta distrattiva in danno dei creditori e dell’allora Mercatone Uno, ma la famiglia Cenni – proseguono i legali – confidando nell’uscita dalla crisi della società, contribuì di tasca propria per oltre 70 milioni di euro. Senza contare le numerose garanzie che vennero a quel tempo prestate e poi escusse a seguito delle vicissitudini del Gruppo».

«L’importante decisione – terminano gli avvocati della difesa – nega il medievale automatismo, nella sostanza sostenuto dalla Procura, tra fallimento di una società e responsabilità penale degli amministratori, che, mai come in questo caso, fecero tutto quanto in loro potere per salvare il Gruppo, seguiti dai soci che impiegarono le risorse sopra sinteticamente ricordate».

Il processo

Nel primo grado di processo, gli imputati (oltre alle tre figlie dell’ex fondatore Romano Cenni anche l’ex amministratore dell’azienda Giovanni Beccari, l’ex consigliere Ilaro Ghiselli e Gianluca Valentini, figlio di Luigi, altro fondatore) furono assolti in rito abbreviato perché «il fatto non sussiste». Il pubblico ministero Giulio Romano che aveva richiesto condanne non esaudite da un minimo di due a un massimo di quattro anni e quattro mesi, avvalendosi di una possibilità sfruttata assai di rado, preferì non confrontarsi con le difese degli indagati in Corte d’Appello a Bologna ma direttamente in Cassazione.

A luglio di un anno fa, la quinta sezione penale della Corte di Cassazione confermò l’assoluzione per Gianluca Valentini e Ilaro Ghiselli, mentre rimandò alla Corte d’appello di Bologna gli atti che portarono all’assoluzione di Elisabetta, Micaela e Susanna Cenni e Giovanni Beccari. Non tutti, però. La parte di ricorso accolta, sulla quale poi si è pronunciata ieri la Corte d’ Appello di Bologna riguardava un approfondimento circa le modalità con le quali gli imputati, prima della dichiarazione di insolvenza, avrebbero reimmesso circa 70 milioni di euro nelle casse della società, e la natura degli strumenti utilizzati per quell’operazione.

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