Cra: il sindacato denuncia condizioni di lavoro pessime

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«Le condizioni di lavoro delle operatrici e degli operatori delle comunità riabilitative ad alta assistenza accreditate, già difficili prima della pandemia, da due anni sono ulteriormente peggiorate». A lanciare l’allarme è Eugenio Pari della Funzione pubblica-Cgil di Rimini, che senza mezzi termini individua i “colpevoli” e punta il dito contro le giustificazioni date al sindacato dai gestori che gestiscono le Cra.

«A loro dire, il sistema tariffario determinato dal pubblico attraverso le procedure di accreditamento, sarebbe inadeguato – aggiunge –. In sintesi: il pubblico non pagherebbe abbastanza. Questo è il leit motiv dei soggetti gestori su tutto il territorio della provincia di Rimini».

Ma i conti non tornano.

L’elenco delle criticità è lungo: «Doppi turni – comincia la panoramica Pari –, mancato rispetto dello stacco di 11 ore tra un turno e l’altro, sottodotazione del personale e quindi ritmi di lavoro sempre più pesanti e insostenibili».

Condizioni che si riversano negativamente «sulla salute/sicurezza delle lavoratrici e dei lavoratori in termini di infortuni e malattie – continua – e sulla qualità dei servizi e il benessere degli ospiti anziani».

Il sindacato ha riportato le ragioni dei gestori all’Ufficio di Piano, ma «la risposta del Comune di Rimini è tutt’altra – sottolinea –. Non solo riconoscerebbe il costo delle ore per far fronte alle necessità dell’utenza, ma le erogherebbe in numero maggiore, mediamente 300 ore in più per gli operatori, tanto che potrebbe essere consentita l’assunzione di quasi due unità per struttura o stabilizzate tutte le lavoratrici e lavoratori con contratti full-time».

Fra l’altro, «non si può parlare neppure di scarso numero di utenti in quanto la percentuale di ospiti rispetto ai posti disponibili è del 100% – osserva –. Inoltre, in virtù di direttive regionali che prevedono che alcuni posti letto rimangano vuoti per le quarantene da Covid, il pubblico riconosce comunque il 45% dei costi. E in materia di morosità, qualora la quota in capo all’utenza (circa il 35% della retta) non venisse pagata dall’utente, il pubblico si fa carico dei mancati pagamenti saldandoli direttamente al gestore».

Insomma, «il sistema dell’accreditamento ha ridotto il “rischio di impresa” in prossimità allo zero, ma nonostante questo le condizioni di lavoro rimangono pesanti e precarie».

Le richieste

Di fronte a questo quadro, «abbiamo chiesto all’Ufficio di Piano che intervenga affinché vengano ristabilite corrette condizioni di lavoro e che i carichi di lavoro siano più sostenibili – conclude Pari –. Sono, queste due condizioni, indispensabili per determinare un innalzamento della qualità del servizio offerto, avendo ben presente che si riferisce ad un’utenza fra le più fragili e perché venga ridata la giusta dignità che meritano operatrici e operatori».

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