Covid, l'Ausl Romagna: "Una terza dose di vaccino? E' da valutare"

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Le nuove diagnosi di Covid-19 continuano a salire. L’ultimo aggiornamento diffuso dalla Regione Emilia Romagna parla di 544 contagi in più rispetto alle 24 ore precedenti, a fronte di quasi 5 milioni di vaccinati. Il mutare del virus e la sua circolazione che non accenna a diminuire sembrano spostare sempre più in là la linea del traguardo della lotta contro il virus. Insieme a interrogativi e perplessità, però, ci sono dati che nel mondo della medicina, «dove non esiste l’assoluto», ribadisce la direttrice del dipartimento di Igiene pubblica di Ausl Romagna, Raffaella Angelini, sono «quasi una certezza». E cioè che «come ha ricordato l’assessore regionale alla Sanità Raffaele Donini, il vaccino riduce del 97% il rischio di ospedalizzazione e del 98% quello di morte».

Dottoressa Angelini, qual è, nel concreto, il significato di questa affermazione?

«Significa che il rapporto tra infezioni e ospedalizzazioni non è più quello di un anno fa, della seconda o terza ondata. Se la curva dei contagi si alza velocemente, non altrettanto velocemente si alza quella dei ricoveri. In pratica, il tasso di ospedalizzazione si è abbassato. E questo è solo e indiscutibilmente merito del vaccino, perché il Covid è sempre lo stesso. Non è che adesso di coronavirus non si muore più».

Le varianti possono creare un problema in questo “equilibrio”?

«A oggi no, perché le varianti che abbiamo incontrato finora, compresa la Delta, rispondono al vaccino. Questo non esclude però che continuando a circolare, il virus non possa poi evolversi in mutazioni in grado di resistere agli anticorpi prodotti dai vaccini. E sappiamo che il Covid è un virus che muta molto velocemente».

Per evitare di restare “scoperti”, anche di fronte a nuove varianti, può essere utile pensare alla somministrazione di una terza dose di vaccino, come si sta attrezzando ora a fare Israele?

«Il rischio rappresentato dalle varianti non ha nulla a che vedere con la terza dose di vaccino, si tratta di due aspetti diversi. L’opportunità di somministrare la terza dose, però, è ancora in fase di valutazione, perché si sta studiando il sistema immunitario delle persone per verificare quanto dura davvero l’immunità dal Covid. Ad esempio, chi come me ha fatto la prima dose di vaccino il 27 dicembre ha già trascorso 8 mesi e per ora il Green pass ne vale 9, ma forse verrà esteso a un anno. Ritengo si andrà nella direzione di valutare se fare la terza dose a tutti o solo alle categorie a rischio».

Può essere utile fare l’esame degli anticorpi, il test sierologico, per valutare la propria “resistenza” al virus?

«No, oggi non ha senso fare questo esame per arrivare a dedurne la propria capacità di resistenza al virus, perché non è noto al momento se ci sia, e quale sia, un tasso di anticorpi protettivo. Il sierologico aveva significato all’inizio, per fare le diagnosi più velocemente, non ora».

Una persona immunizzata può comunque trasmettere il virus?

«Sì, ma in misura molto minore rispetto a un non vaccinato e con una carica virale più bassa. Questo non toglie che anche oggi dobbiamo continuare a prestare attenzione, indossando la mascherina quando non si può garantire il distanziamento. E soprattutto bisogna continuare a vaccinarsi».

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