Costi pluriennali: la Cassazione “allunga” i termini

“N el caso di contestazione di un componente di reddito ad efficacia pluriennale per ragioni diverse dall’errato computo del singolo rateo dedotto e concernenti invece il fatto generatore ed il presupposto costitutivo di esso, la decadenza dell’amministrazione finanziaria dalla potestà di accertamento va riguardata, ex articolo 43 D.P.R. 600/1973, in applicazione del termine per la rettifica della dichiarazione nella quale il singolo rateo di suddivisione del componente pluriennale è indicato, non già in applicazione del termine per la rettifica della dichiarazione concernente il periodo di imposta nel quale quel componente sia maturato o iscritto per la prima volta in bilancio”.

È questo il principio stabilito dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 8500 depositata lo scorso 25 marzo. La vicenda in esame trae origine dalla notifica di un avviso di accertamento relativo al periodo di imposta 2004, con il quale l’amministrazione finanziaria aveva disconosciuto la componente negativa di reddito data dalla svalutazione in bilancio del credito maturato da una stabile organizzazione in Italia per finanziamenti erogati ad una s.p.a. posta in amministrazione straordinaria. Avverso detto accertamento veniva opposto rituale ricorso, accolto dai giudici di primo grado, che, nello specifico, rilevavano la decadenza dell’Agenzia delle entrate dal diritto di rettificare la posta in questione, non avendo rettificato, entro il relativo termine di decadenza, i redditi della stabile organizzazione per il periodo di imposta 2003 (nel quale era stata per la prima volta effettuata la svalutazione del credito).

Tale decisione veniva confermata in appello dalla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, secondo la quale i presupposti della svalutazione non potevano più essere messi in discussione dall’amministrazione finanziaria, né disconosciuti nel merito per il periodo di imposta 2004, atteso che il fatto generatore dell’onere pluriennale si era verificato nel 2003, ossia, in un anno ormai non più accertabile.

L’Agenzia delle entrate impugnava la sentenza d’appello in Cassazione lamentando, tra l’altro, la violazione e falsa applicazione degli articoli 43 del d.P.R. 600/1973 e 7 del d.P.R. 917/1986 (TUIR), per avere i giudici dell’appello erroneamente statuito la decadenza a causa della mancata rettifica, nei termini, della iniziale svalutazione pluriennale nel bilancio 2003 della stabile organizzazione. Assegnata la causa a decisione veniva disposta ordinanza interlocutoria con rimessione degli atti al Primo Presidente, il quale evidenziava la rilevanza pratica della vicenda, non solo ai fini della svalutazione dei crediti, ma con riferimento ad ogni fattispecie reddituale avente efficacia pluriennale (si pensi alle recenti detrazioni fiscali per interventi di recupero del patrimonio edilizio o di efficientamento energetico degli edifici – cd. superbonus 110%); cosicché, il ricorso veniva assegnato alle Sezioni Unite. I Giudici di vertice, accogliendo il ricorso (con rinvio alla CTR della Lombardia), hanno evidenziato che la periodizzazione annuale dell’imposta sul reddito e la novazione, tempo per tempo, di ciascuna obbligazione tributaria si riflettono sia sulla dichiarazione, la quale deve indicare “annualmente i redditi posseduti” (articolo 1 D.P.R. 600/1973), sia sull’accertamento, che deve essere notificato “a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione” (articolo 43 D.P.R. 600/1973). Ne consegue che l’accertamento deve ritenersi ammesso, per ogni annualità, anche con riferimento al fatto costitutivo dell’elemento pluriennale dedotto e non soltanto alla correttezza della singola quota annuale di deduzione, e quindi la definitività, in conseguenza del mancato accertamento, della dichiarazione di prima emersione del componente pluriennale non porta con sé il diverso effetto della preclusività di sindacato per un periodo successivo; anzi, per meglio dire, non produce proprio alcun effetto di accertamento, il quale può derivare soltanto dalla positiva verifica di rispondenza alla realtà di quanto dichiarato.

La decisione in commento, oltre a destare delle perplessità, tenuto conto che i presupposti di un onere pluriennale sorgono comunque in un anno ben determinato, che, se non rettificato, dovrebbe assumersi come cristallizzato, desta soprattutto delle evidenti preoccupazioni pratiche, atteso che, solo per esemplificare, da oggi sorge l’obbligo o comunque la necessità di conservare la documentazione afferente ad una determinata svalutazione addirittura per un periodo superiore ai dieci anni, circostanza non propriamente in linea con il fondamentale principio della certezza del diritto.

Newsletter

Iscriviti e ricevi le notizie del giorno prima di chiunque altro Clicca qui