Cosa sono le criptovalute, a rischio truffe e illeciti

Su chi si celi veramente dietro lo pseudonimo Satoshi Nakamoto, ancora oggi, non vi sono certezze, ma tutti nel mondo sanno cosa ha fatto, perché a lui è ascritta l’invenzione della criptovaluta Bitcoin. Ha pubblicato il protocollo nel 2008 e il 12 gennaio del 2009 ha chiuso con successo il primo scambio di 10 Bitcoin della storia con il programmatore Hal Finney. Da quella prima transazione ad oggi il mondo della finanza o dell’economa in generale è stato letteralmente inondato dalle criptovalute, se ne contano infatti circa 17.500 (anche se molte hanno smesso di funzionare pochi giorni dopo la loro introduzione). Tuttavia, la crescita che stanno registrando associata all’assoluta mancanza di regolamentazioni ne fanno uno strumento su cui necessitano ragionamenti ben ponderati.

In Italia, al momento, l’utilizzo di criptomonete è considerato come assolutamente lecito, ma bisogna tener presente che si tratta di strumenti senza linee guida. Consob e Banca d’Italia, infatti, continuano a mettere in guardia gli utilizzatori dai rischi intrinsechi. Ma cosa si può fare con le criptovalute? Fondamentalmente due sole operazioni: azioni di finanza speculativa e transazioni, che sottendono quasi sempre qualcosa di illegale.

Speculazione

Parlando di speculazione, il problema ancora irrisolto delle “monete” come i Bitcoin è che il grande aumento o le improvvise diminuzioni di valore non si fondano su caratteristiche di tipo economico, facendone strumenti altamente rischiosi. Negli ultimi anni la capitalizzazione delle criptovalute ha subito alti e bassi decisamente elevati. Nel solo 2017 si è passati da una capitalizzazione di mercato di 30 miliardi a 800 miliardi di dollari. L’anno dopo è scesa a 450 e quello dopo ancora a 280. Oggi? Supera i 2.500 miliardi.

La possibilità di ingenti guadagni è quello che attira gli investitori, ma anche truffatori senza scrupoli. È il caso di quanto accaduto poche settimane fa a Rimini, dove un uomo ha perso 150mila euro a causa di un promotore che, dopo aver incassato il denaro allo scopo di speculare sulle criptovalute, è invece fuggito col denaro. In Italia i raggirati sono stati 130.

Vi è poi un problema serio di potenziale riciclaggio di denaro e di evasione fiscale. Due illeciti “garantiti” dalle valute digitali, perché in prima battuta hanno un ottimo livello di anonimato e in secondo luogo, non avendo una regolamentazione, mancano di un’adeguata tassazione sui profitti.

Nonostante tutto questo, però, i Bitcoin si sono attestati quali uno dei migliori asset del 2020, facendo segnare guadagni ben superiori a quelli, ad esempio, dei metalli preziosi. Nel 2015 i Bitcoin hanno chiuso a più 96%, nel 2016 a più 160%, nel 2017 a più 965% e nel 2019 a più 90%. Il 2020 ha fatto segnare poi un ulteriore profitto del più 270%.

Mercato nero

L’altra faccia della medaglia non è certo migliore. Anzi, forse è addirittura peggio della prima. Lo pseudoanonimato delle criptomonete – il portafoglio virtuale nelle quali vengono detenute non è legato a una persona ma a chiavi specifiche che ne rendono non identificabili i proprietari – ne ha fatto la sola moneta accettata all’interno dell’oscuro mondo del deep web. Sfruttando un “wallet” di Bitcoin, “immergendosi” nel web sommerso si possono acquistare droga, armi, gift card Amazon, soldi falsi, cellulari rubati e ogni altra cosa pensabile o immaginabile. Persino la cittadinanza americana.

Il sistema è talmente protetto e complesso, che in questi anni l’Fbi è riuscita ad arrestare e a far condannare all’ergastolo una sola persona del vasto sistema delle darknet. Si tratta dell’inventore della Silk road Ross Ulbricht, l’uomo che aveva creato la più grande piattaforma di vendita di stupefacenti esistente.

Futuro?

Quale sarà, quindi, il futuro delle crypto è ancora difficile stabilirlo. I grandi della terra che avevano provato a investirvi, ora stanno facendo marcia indietro. Uno su tutti Mark Zuckerberg di Facebook, che ha chiuso il progetto Diem. E poi c’è il problema inquinamento prodotto dalle transazioni, su cui Nature punta il dito ormai da anni.

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