Cosa fare quando arriva la cataratta

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Visione annebbiata, immagini meno luminose, colori sbiaditi: potrebbe trattarsi di cataratta, una patologia molto comune, che fa parte del normale processo di invecchiamento di ogni persona. Per maggiori informazioni, ne parliamo con il dottor Leonardo Taroni, oculista della U.O Oculista dell’ospedale “Morgagni-Pierantoni” di Forlì.

Dottore, si parla molto di cataratta, ma questo disturbo in cosa consiste esattamente?

«Per cataratta si intende un’opacità del cristallino naturale. Ne esistono di diversi tipi e diverse eziologie, ma la cataratta più comune è quella senile, legata all’età, in cui il cristallino fisiologicamente aumenta di dimensioni e perde la sua trasparenza, influenzando così negativamente la potenzialità visiva».

Quali sono i principali sintomi con cui si manifesta?

«Il sintomo cardine è la diminuzione della vista che può essere anche percepita dal paziente come una sensazione di annebbiamento. Corollario di ciò sono la percezione sbiadita dei colori; la difficoltà visiva a seguito di esposizione a intense fonti di luci, come per esempio i fari delle auto di notte e un calo maggiore della vista nelle ore serali. I sintomi della cataratta non sono generalmente acuti, ma si sviluppano in un lungo arco di tempo, mesi e anni. Solo in rari casi può presentarsi un sintomo acuto, spesso misconosciuto, legato all’aumento di dimensioni del cristallino, che può favorire l’ostruzione della via di deflusso dell’umor acqueo con un improvviso aumento della pressione intraoculare. In questo caso, il paziente può percepire sintomi da lievi, come una sensazione di annebbiamento transitorio che si accentua principalmente in ambienti bui, a gravi con dolore oculare e nausea tipici dell’attacco acuto di glaucoma».

Esiste una prevenzione?

«Poiché la cataratta senile si sviluppa a causa della normale evoluzione del metabolismo del cristallino, si può fare ben poco per prevenirla. In ogni caso, evitare l’esposizione a noxa patogene ambientali (ad esempio fumo, alcol, raggi UV) che possono avere un impatto negativo su tale metabolismo, aiuta a ritardarne l’avvento».

Esistono altri fattori di rischio?

«Altri fattori di rischio di insorgenza e progressione riconosciuti sono il diabete e la miopia, per cui un buon controllo glicemico aiuta a limitarne gli effetti avversi. Il miglior modo di verificare l’evoluzione della cataratta rimane quello di sottoporsi periodicamente a una visita oculistica completa».

Come si cura la cataratta?

«L’unico modo per risolvere i sintomi legati alla cataratta è quello di eliminare il cristallino opaco e sostituirlo con una lente intraoculare (IOL) trasparente, di materiale inerte e perfettamente tollerato dal nostro occhio. L’intervento si basa sul processo di “facoemulsificazione” per cui, grazie all’uso di ultrasuoni, il cristallino naturale viene frammentato e aspirato permettendo l’inserzione di una IOL al suo posto originario. Esistono decine di modelli di IOL in commercio e l’attuale “standard of care” è rappresentato dalla tecnologia monofocale. Con questo tipo di IOL non è possibile ottenere una visione nitida sia per lontano che per vicino, ed è bene, quindi, spiegare al paziente quali siano esattamente le aspettative plausibili legate all’intervento».

Esiste anche la cataratta secondaria?

Sì, ed è abbastanza comune. Infatti, in una percentuale non trascurabile degli occhi operati (10-20%), il sacco capsulare in cui viene inserita la IOL può andare incontro a un fenomeno di opacizzazione (definita cataratta secondaria) che per il paziente può tradursi in un annebbiamento visivo e in una successiva diminuzione del visus. Questo fenomeno può svilupparsi dopo pochi mesi dall’intervento, ma anche dopo diversi anni dall’intervento, con un aumento dell’incidenza al progredire del tempo.

Ma grazie a un intervento laser ambulatoriale si può frammentare centralmente questo sacco restituendo una visione trasparente al paziente».

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