Coronavirus, paura a Cesena a scuola

Cesena

Il Coronavirus (“influenza” meno letale della Sars ma dalla diffusione a quanto pare più rapida) sta mietendo alcune vittime in zone specifiche della Cina. Ma sta soprattutto gettando nel panico l’intera crosta terrestre: di pari passo col rientro nelle varie parti del mondo di persone che per qualsiasi motivo si trovavano in Cina.
Poco importa che le dimensioni del Paese asiatico siano abnormi rispetto al numero di morti (130 di cui solo una decina circa catalogati fuori dalla Cina e dall’area specifica della città di Wuhan). E trattandosi di un virus ancora sconosciuto e per il quale serviranno almeno un paio d’anni per perfezionare i vaccini, e malgrado la semplice influenza stagionale in Italia mieta molte più vittime, il Coronavirus scatena ancestrali sensazioni di panico accompagnate da richieste di controlli che superano abbondantemente la sfera del razionale.

Ne sanno qualcosa le scuole medie e superiori di Cesena che, in questo momento come tutti gli anni a cavallo del Capodanno Cinese, stanno per riaccogliere studenti magari anche italianissimi di nascita, ma che ogni anno o quasi si sobbarcano una giornata abbondante di voli e scali per andare a trovare un paio di settimane i nonni o gli zii in Cina.

La paura in classe

Specchio ed esempio di quanto sta accadendo il caso specifico di una seconda superiore di un istituto cesenate. Della quale non forniremo altre indicazioni per non metterne in difficoltà gli studenti minorenni (già provati emotivamente da un a girandola di emozioni contrastanti) ed il loro compagno di classe che soltanto nella giornata di domani farà rientro ed inizierà il secondo quadrimestre.
Alla diffusione in Tv delle notizie sul Coronavirus, prima è iniziato uno scambio “di battute” via Whatsapp con i compagni di classe. Che prima in maniera scherzosa e poi con cadenza dettata dalla curiosità di sapere di qualche genitore, hanno iniziato a prendere in giro “l’amico Cinese” sul fatto se sarebbe tornato o meno per poi chiedergli del Virus. Prima lui ha risposto di trovarsi a 900 chilometri dalla città di Wuhan dove vige il coprifuoco. Poi ha raccontato di come non ci fossero problematiche particolari di contagio ed ha spiegato che sarebbe rientrato a scuola per fine mese.

La paura ha iniziato a circolare tra i banchi prima a causa dell’agire di una professoressa. Che ha “catechizzato” i ragazzi in classe su come non avesse intenzione di venire a contatto con quello studente prima di essere sicura (a suo dire dopo almeno 15 giorni) che lui non avesse contratto delle malattie. Una prof che ha anche esposto la vicenda al preside. Poi alcuni genitori hanno iniziato a paventare (arbitrariamente ed in barba ai controlli che in Cina ed in Italia vengono eseguiti fin dagli scali aerei) che se il compagno di classe “asiatico” si fosse ripresentato a scuola prima di una ventina di giorni di quarantena obbligatoria, loro non avrebbero mandato in classe i propri figli… “Per precauzione”.

Richieste al preside

La paura del virus si è concretizzata in una richiesta al preside formale di chiarimenti da parte dei rappresentanti dei genitori.
Il preside ha risposto in forma scritta di essersi già preoccupato e attivato al provveditorato: comunque il ministero Della Salute ha già attivato protocolli sanitari in tutti gli aeroporti. «Dalla Cina non può atterrare niente se non a Milano e Roma, e in questi aeroporti per chi viene dalla Cina è attivato un controllo sanitario alla frontiera. Dunque non può arrivare in Italia una persona non sana». In realtà l’Italia sta contemporaneamente anche gestendo le 70 persone italiane che si trovano a Wuhan.
Il preside poi ha informato i genitori tramite la rappresentante come, naturalmente, lui non abbia nessun potere per “giudicare” l’efficacia di un protocollo sanitario. «Di certo io non ho il potere di istituire protocolli di quarantena a scuola, non ne ho proprio l’autorità; tuttavia si consideri che lo stato italiano non può permettere che qualcuno dalla Cina rientri con il virus e giri per il Paese. Credo che su questo dobbiamo avere un po’ più fiducia nelle nostre istituzioni».
Il preside chiederà comunque alla famiglia dell’allievo «Solo per spirito di cortesia perché non posso imporlo» una visita medica e il relativo certificato. «Ma non posso di certo imporre il non rientro a scuola. E tuttavia mi sento sicuro e tranquillo di quanto l’ufficio scolastico mi ha comunicato».

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