Cornelia morta a Imola per emorragia cerebrale, scarcerato il marito

Imola

IMOLA. Ioan Pascalau non ha ucciso la moglie Cornelia. È questa la conclusione a cui è giunto il gip del Tribunale di Bologna Sandro Pecorella il quale, dopo aver preso visione dei primi riscontri dell’autopsia, ha scarcerato ieri mattina il falegname di origine romena inizialmente accusato di omicidio.
Visti i problemi legati alla diffusione del Covid-19, l’interrogatorio di garanzia si è svolto in videoconferenza. Al termine il giudice ha revocato la misura cautelare e accolto la richiesta avanzata dall’avvocato della difesa Ercole Cavarretta, ritenendo che per l’accusato non sussistano né gli indizi di omicidio, né quelli di maltrattamenti in famiglia. Cornelia, 50 anni, era stata trovata morta nel suo letto nella notte fra venerdì e sabato, in un appartamento di via Fratelli Bandiera, in pieno centro storico a Imola. Il corpo presentava diverse contusioni ed ecchimosi, sul volto e sul collo, che in un primo momento avevano fatto puntare le accuse sul marito di due anni più grande.
«Gli sviluppi dell’indagine sulla morte di Cornelia – spiega l’avvocato Cavarretta – hanno rivelato un quadro compatibile con la morte da emorragia cerebrale. I lividi e gli altri segni, secondo quanto rivelato dall’autopsia, dipendono probabilmente da questo. Ma è anche possibile che la signora sia caduta da sola diverse volte, sia quella notte sia nei giorni precedenti al decesso». A dare una svolta alle indagini sono stati i primi riscontri emersi dell’autopsia ma anche altri approfondimenti portati avanti dal pubblico ministero stesso. «Peraltro ci sono elementi di riscontro che il pm ha raccolto nelle indagini svolte successivamente al fermo – aggiunge il legale del falegname –, elementi che la pubblica accusa ha trasmesso al giudice. La donna soffriva di una patologia che l’ha portata alla morte: un quadro perfettamente compatibile con le dichiarazioni rese subito dal marito».
Le indagini proseguiranno anche dopo la scarcerazione di Ioan Pascalau, ma la strada pare ormai tracciata. «Mi auguro – aggiunge l’avvocato Cavarretta – che la tragedia della morte della moglie del mio assistito si possa chiudere qui. E mi auguro che la sua posizione possa essere chiarita in maniera definitiva».
A questo punto quindi l’appartamento di via Fratelli Bandiera, a cui erano stati apposti i sigilli verrà dissequestrato.
Da sottolineare anche la velocità e la solerzia con cui sono state portate avanti le indagini da parte della procura di Bologna che in sette giorni è riuscita a compiere piena luce sull’accaduto, riuscendo a mettere insieme i tasselli di un quadro tutt’altro che semplice da comporre.

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