Coop Ceramica di Imola rischia lo stop per mancanza di argilla ucraina

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Il rincaro abnorme dei costi energetici e la guerra che stoppa gli approvvigionamenti di una materia prima essenziale, l’argilla bianca che arriva essenzialmente solo da un solo posto, il Donbass ucraino, mettono a serio rischio la produzione della Coop Ceramica di Imola. Ieri l’azienda ha incontrato i sindacati per metterli in pre allerta: se la situazione internazionale non migliora, l’azienda potrebbe vedersi costretta a fermare la produzione e quindi a ricorrere alla cassa integrazione per il personale dei tre stabilimenti produttivi e della sede centrale di via Vittorio Veneto a Imola, in tutto un migliaio di persone. Ovviamente questo sarebbe lo scenario peggiore. I sindacati, che incontrano oggi e domani i lavoratori nelle assemblee convocate in fabbrica per affrontare la questione non vogliono gettare scompiglio, ma l’allarme c’è e gli effetti sul comparto ceramico, fondamentale per l’economia non solo imolese ma emiliano romagnola, sarebbero la prima consistente e tangibile conseguenza del conflitto fra Russia e Ucraina sull’economia del territorio.

I sindacati

«La Coop Ceramica di Imola i conti li aveva fatti bene e non c’è nulla da rimproverare rispetto a questo. La cooperativa imolese aveva messo in conto un rincaro del gas metano considerando un passaggio dai venti centesimi a metro cubo di costo previsti dai propri contratti di fornitura fino ad arrivare a 1,50 euro, il fatto è che oggi il prezzo ha toccato i 3,60 euro a metro cubo, una cifra totalmente fuori da qualsiasi sostenibilità», spiega il sindacalista Marco Giornelli della Uiltec. Poi c’è la questione delle materie prime e in particolare dell’argilla. «Le argille di cui si riforniscono le ceramiche, compresa la Ceramica di Imola, arrivano dal Donbass e in particolare i carichi partivano dal porto della città di Mariupol, ora sotto attacco, per arrivare al porto di Ravenna. Gli stock oggi disponibili nei silos della Coop Ceramica basteranno per circa un mese e mezzo di produzione e a queste condizioni sarebbero già in perdita. La dipendenza al cento per cento da quel sito produttivo, fa passare qusi in secondo piano anche il rincaro esponenziale dell’energia. A questo punto la cassa integrazione, a meno che la questione ucraina non si risolva in breve tempo, probabilmente potrebbe diventare una necessità. Il che obblkiga tutti a riflettere sul fatto che l’Unione europea debba mettere in campo non solo bonus e fondi, ma una vera e propria politica energetica che punti all’indipendenza dalla Russia e dalle aree di conflitto in primis». «Il costo dell’energia è la prima variabile, ieri il metano era a 3,60 euro al metro cubo, se cresce ancora sarebbe già una condizione critica per poter continuare a produrre in ceramica – afferma per parte sua Tiziana Roncassaglia della Filtcem Cgil –. Ma certo c’è il problema fondamentale della materia prima, l’argilla bianca che le ceramiche industriali italiane, comprese quelle del distretto di Sassuolo, prendono dal Donbass e che ovviamente ora non arrivano più. Paradossalmente la Coop Ceramica avrebbe ora molte commesse da soddisfare, ma tutto dipende dalle scorte di magazzino e se la situazione della guerra peggiora la situazione si complica. Stessa cosa, ad esempio, per la Florim di Mordano che utilizza questo stesso materiale, ma al momento da questa azienda non abbiamo ricevuto richieste per avviare ammortizzatori sociali». «Quando e per quanti lavoratori si dovrà ricorrere alla cassa integrazione è presto per dirlo – dice Assunta Marseglia della Femca Cisl di Imola –, questo perché la situazione fluttua di giorno in giorno e tutto è legato all’andamento della guerra. Nel momento in cui finissero le scorte a magazzino e la situazione fosse ancora così, la produzione si fermerebbe e dovremo in quel caso farci trovare pronti. Non c’è uno stabilimento più esposto di altri, tutti e tre, quello di Imola in via Correcchio, quello in vallata a Borgo Tossignano e quello a Faenza, utilizzano le argille del Donbass per la produzione, ma non è detto che tutte le linee debbano fermarsi nello stesso momento». Oggi i sindacati cominceranno a incontrare i circa mille dipendenti nelle assemblee che si protrarranno fino a domani.

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