Comune di Rimini: "Non possiamo accogliere altri profughi"

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«Si tratta di 2.557 persone, donne e bambini che scappano dalla guerra». Kristian Gianfreda, assessore alla Protezione sociale, ci tiene a ricondurre la questione alla sua dimensione «primaria», quella umana. «Loro hanno bisogno di mangiare, dormire e stare un po’ in pace, questo glielo dobbiamo. Ma è anche vero - sottolinea - che il problema degli albergatori che li devono ospitare e non hanno ricevuto le sovvenzioni è concreto. Le bollette sono da pagare, il cibo lo stesso. Non è poca cosa». Lo rammenta ancora anche la presidente di Aia, Patrizia Rinaldis. «Gli hotel non possono fare beneficenza, non possono pagare di tasca propria il mantenimento dei profughi, a causa dei tempi della burocrazia per la contrattualizzazione delle strutture, comprensibilmente lunghi». «Stiamo agendo in emergenza, ma adesso - afferma Rinaldis - bisogna intervenire e velocizzare il sistema». La “pesantezza” della macchia burocratica è legata a doppio filo con il numero elevati di rifugiati arrivati sul territorio riminese. Per la loro accoglienza, infatti, Prefettura e Protezione civile devono lavorare sinergicamente insieme alle categorie, a Rimini Federalberghi, Confesercenti e Confindustria, «che hanno individuato una cinquantina di strutture interessate ad accogliere i profughi», ricorda Rinaldis, per poi provvedere a valutare l’idoneità dei luoghi e quindi attivare la convenzione che di fatto va a retribuire gli albergatori con 60 euro per ciascuna persona ospitata. «A Rimini, per varie ragioni, è arrivata moltissima gente ancora prima che gli hotel avessero le convenzioni - rammenta la presidente di Aia - e adesso la situazione è questa».

Non oltre

Che l’elevato numero di persone approdate nel Riminese sia la chiave di volta delle criticità riscontrate dalla macchina dell’accoglienza lo afferma anche l’assessore Gianfreda, che adottando una prospettiva meramente realistica ammette che Rimini «non può accogliere più persone di quelle a cui sta già dando ospitalità». Le ragioni sono di carattere pratico. «Bisogna sapersi prendere cura di queste persone - spiega - e a breve gli hotel torneranno alla loro occupazione primaria: accogliere i turisti».

Della peculiarità riminese, una situazione eccezionale, come riconosciuto anche dalla Prefettura, Gianfreda spiega essersi interessato anche il Ministero, così come la Regione Emilia Romagna con cui sono in programma diversi incontri in questi giorni. «Se siamo riusciti ad accogliere tutte queste persone è grazie all’intensa collaborazione del terzo settore e della buona volontà di molte famiglie che stanno ospitando nelle loro case, parenti, amici o anche sconosciuti». Diversi, infatti, i privati che hanno messo a disposizione letti, divani e tavola per i rifugiati. «Ma anche loro - dice Gianfreda - stanno avendo difficoltà a sfamare “due o tre bocche” in più». Il Comune «ha aperto 50 posti nel Sai (143 nella rete Cas, ndr). Una goccia in mezzo all’oceano - dice - ma è quello che possiamo fare. Anche poche ore fa ne abbiamo spostati 120 da un hotel». E la luce in fondo al tunnel sembra ancora lontana. «Se la guerra prosegue, il numero dei profughi è destinato ad aumentare. Dobbiamo ragionare per tempi medio lunghi: non cercare le colpe, ma trovare soluzioni».

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