"Come sorelle" , Monica Mattioli al Comunale di Gambettola

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Il teatro Comunale di Gambettola ospita alle 21 “Come sorelle” spettacolo della compagnia di area milanese Mattioli, di e con l’attrice, regista, autrice Monica Mattioli coadiuvata per testo e regia da Monica Parmagnani. Compagnia pluripremiata nel settore ragazzi, è capace di coinvolgere anche gli adulti. Stasera lo fa proponendo lo spettacolo, dopo la matinée, per un pubblico misto di ragazzi, adulti, famiglie in occasione del Giorno della memoria. È una commovente storia, liberamente ispirata al racconto di Lia Levi “Sorelle” e a “Il tempo delle parole sotto voce” scritto da Anne-Lise Grobety. Capace di raccontare la drammaticità dell’Olocausto anche con momenti leggeri. Con voce squillante l’attrice interpreta una girandola di personaggi e voci diverse ai tempi delle persecuzioni razziali. La storia vede due famiglie italiane amiche, quella di origine ebrea dei Segre con le figlie Loredana e Lucilla, e la Folliero con la figlia Bettina. Loredana è amica del cuore di Bettina, ogni pomeriggio giocano insieme. Bettina addirittura propone a Loredana di diventare “sorelle di sangue” perché dice, «se si è solo amiche forse ci si può anche perdere; ma se si è sorelle lo si è per sempre».

Nel 1938 però le cose cambiano; incontri e feste di piazza lasciano il posto a sospetti, paure, silenzi, egoismi. La gente non ride più. Le due amiche non si incontrano più; a Loredana è vietato di andare a scuola; la madre di Bettina non vuole che la figlia incontri più l’amica ebrea. Un giorno i Segre vengono caricati su di un treno e portati in un campo di sterminio. Non torneranno più.

Mattioli, come si riesce a realizzare uno spettacolo drammatico per ragazzi catturando anche gli adulti?

«I miei spettacoli nascono da laboratori; “Come sorelle” è partito nel 2009 con un laboratorio realizzato con la classe di mia figlia che aveva all’epoca 9 anni. Divisi la classe in quattro e a ogni gruppo chiesi di scrivere una storia dopo avere letto loro tre racconti. Terminata quell’esperienza, presi quel materiale, lo integrai e scrissi uno spettacolo per una sola attrice. La forza sta dunque nel mantenere uno stretto contatto con il linguaggio dei destinatari degli spettacoli, ma allo stesso tempo arrivare alla pancia e al cuore degli adulti attraverso piani di lettura diversi. Pensando anche a mio papà».

Perché proprio suo padre?

«Perché mio papà all’età di 16 anni venne deportato, non perché ebreo, ma perché viveva a Montefiorino zona di partigiani. I nazisti portarono via molti giovani uomini come forza lavoro, mio padre venne deportato nel lager di Kahala in Germania. Riuscì a tornare “magro come un acciughino e col tifo” racconto io. Da ragazzina un mio sogno notturno ricorrente era quello di diventare partigiana».

I laboratori precedono sempre il teatro della compagnia Mattioli?

«Sì; credo sia importante avere la percezione dei pensieri dei ragazzi; la nostra lingua riesce così a sostenere meglio una verità di tutti. Un altro spettacolo fortunato in tal senso è “La battaglia di Emma” che gira addirittura da 18 anni. È un lavoro sulla guerra, un viaggio poetico e divertente nel mondo del conflitto rivolto ai più giovani, affinché diventino protagonisti in futuro di stupefacenti mondi di pace».

Euro 15-10. Info: 392 6664211

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