Cimitero per feti a Cesena: contestato patto Ausl-Diocesi

Cesena

«Se un ospedale pubblico fa un accordo con la diocesi per seppellire i feti, si può definire ancora un’istituzione laica?». È l’interrogativo alla base della nascita di una rete di associazioni nata su impulso dell’associazione “Ipazia Liberedonne”, decisa a monitorare la situazione a Cesena. A dare il la è stata la scoperta che fin dal 2013 la Direzione sanitaria cesenate dell’Ausl Romagna ha allacciato accordi sporadici con l’associazione “Papa Giovanni XXIII” per il seppellimento prodotti abortivi e poi, dall’anno passato, è stato attivato un accordo con la Diocesi di Cesena per fare la stessa cosa per gli embrioni e i feti provenienti da interruzioni di gravidanza volontarie, terapeutiche o spontanee. Il medico dirigente sanitario ha dato disposizioni in tal senso al reparto di Ostetricia e Ginecologia attraverso una lettera, allegata a una modulistica informativa per le donne, indicando il referente diocesano per la parte operativa.

L’incontro tra associazioni e Ausl

«Abbiamo verificato, inoltre, che nel cimitero urbano di Cesena è stata recentemente predisposta un’area specifica dedicata a queste sepolture, che ne affianca un’altra dove sono già presenti un centinaio di croci - scrivono le 27 associazioni che hanno deciso di seguire tutte assieme la vicenda - Nelle croci, diversamente da Roma, non compare il nome della madre ma un numero nosologico corrispondente alla relativa cartella clinica. Nella stessa cappella del cimitero, poi, prima di procedere a questi seppellimenti, viene officiata una funzione religiosa. Abbiamo chiesto quindi un incontro con la dirigenza amministrativa dell’Ausl Romagna per capire le motivazioni che hanno portato a questa convenzione. Si è tenuto il 20 novembre e ci è stato risposto che tra la Direzione medica ospedaliera di Cesena e la Diocesi non c’è un vero e proprio accordo scritto ma una collaborazione, in cui l’Ausl si configura come parte terza, “un passacarte” tra la Diocesi e una possibile utenza interessata a questo servizio. In base a questa “collaborazione”, l’Ausl ha fornito al reparto di Ostetricia e Ginecologia del Bufalini le modalità organizzative da seguire. Questo accordo è già attivo dal 2020 anche a Rimini, mentre a Forlì dovrebbe partire a breve. Invece a Ravenna e Faenza ad oggi non vi è nessun accordo e viene applicato il regolamento regionale di polizia mortuaria. Alla Direzione amministrativa abbiamo quindi chiesto di retrocedere da tale accordo, che in pratica ufficializza e sponsorizza di fatto l’entrata della Diocesi nel reparto di Ginecologia e Ostetricia. Ma su questo punto non c’è una disponibilità concreta. C’è però da parte della Direzione amministrativa un impegno a migliorare il modulo dato alle donne, avendo riconosciuto che, oltre che di difficile comprensione, è ambiguo e non etico in molte sue parti. La Direzione si è resa disponibile a renderlo più laico, a verificare che sia rispettata la privacy del nome della donna in tutto il percorso e a migliorare l'informazione in reparto».

Chiesto dietrofront

Ma per “Ipazia” e le altre 26 associazioni non basta: «È inammissibile che in uno Stato laico, o che dovrebbe essere tale, un’istituzione pubblica proceda a un accordo con un ente religioso su una tematica così delicata, che dovrebbe attenere esclusivamente alle coscienze individuali e non fatta divenire terreno di propaganda ideologica. Tutti sanno che questa “pratica” da 20 anni è ormai purtroppo uno dei terreni di attacco alla 194, unitamente all’obiezione di coscienza. Il tema deve rimanere un fatto privato, diverso da persona a persona e con ritualità diverse, a seconda delle religioni di appartenenza o di chi non professa alcuna religione. Come associazioni firmatarie di questo appello chiediamo all’Asl Romagna di recedere da questi accordi e annunciamo che costituiremo una rete per monitorare questi comportamenti e denunciare eventuali arbitrarietà. Invitiamo quindi la cittadinanza a condividerlo per difendere dei principi indiscutibili: la laicità dello Stato, il rispetto per l’autodeterminazione delle donne e l’applicazione della legge 194».

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