Ciclismo, quando Morena Tartagni annunciò a Ercole Baldini: «Voglio fare la corridora»

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C’era una volta una bambina di Predappio che voleva fare “la corridora”. Quella bambina è cresciuta, si è trasferita in Lombardia, ha realizzato il suo sogno di sportiva ed è stata capace di vincere tre medaglie ai Mondiali di ciclismo (bronzo a Imola nel 1968, argento a Leicester nel 1970 e a Mendrisio nel 1971). La vera pioniera del ciclismo femminile in Italia: prima donna medagliata alla rassegna iridata, prima donna premiata dal Coni per meriti sportivi, prima donna nel consiglio federale della Federciclismo. Quella bambina è cresciuta e ha deciso di raccontare la sua vita, non solo sportiva, in un libro: “Volevo fare la corridora” (Ediciclo), scritto a quattro mani con Gianluca Alzati. Quando è stata in vacanza nella sua Romagna, ospite di zia Mirella a Forlì, Morena Tartagni ha spiegato cosa l’abbia spinta ad avventurarsi nella scrittura di un libro. «”Volevo fare la corridora” è innanzitutto un libro coraggioso. Un libro che non avrei mai avuto la forza di scrivere, se non fosse che lo dovevo fortemente a Paola. Paola è stata la mia compagna per 25 anni e in più di un’occasione mi aveva invitato a mettere nero su bianco la storia della mia vita e delle mia battaglie. Quando ad una presentazione ho incontrato Gianluca Alzati, docente d’italiano, ho capito di avere di fronte la persona giusta per iniziare questo progetto. Lo dovevo a me, lo dovevo a Paola».

Il titolo del libro nasce da un curioso aneddoto.

«I miei nonni avevano un’osteria a Trivella, due chilometri prima di Predappio. Un giorno, durante un allenamento, si fermarono Ercole Baldini, Arnaldo Pambianco, Nino Assirelli e Italo Mazzacurati. Io ero una bambina di appena 8 anni e alla domanda di Baldini “cosa vorresti fare da grande” risposi, spiazzando tutti, “voglio fare la corridora”. Quel sogno apparentemente impossibile si è realizzato. Ed è stato tutt’altro che semplice perché il ciclismo femminile non era considerato».

Una vita spesa a lottare per i diritti delle donne, nello sport e nella società.

«Nella mia vita ho sempre lottato per vedere riconosciuti i miei diritti. Mi hanno sempre etichettato, sia nella vita che nello sport, come qualcosa di “particolare” per non voler usare altri termini. Io invece sono semplicemente Milena Morena Tartagni, atleta e donna. La mia vita è stata costellata da diverse delusioni che, probabilmente, mi hanno portato a prendere alcune scelte. Ma sono sempre stata coraggiosa, determinata e sentimentale e, da brava sportiva, non mi sono mai arresa e ho sempre continuato le mie battaglie. Come in bici, ad ogni caduta ci si rialza e si riparte più volenterosi di prima».

Il successo del libro l’ha spiazzata?

«La visibilità che ha avuto il libro è stata molto gratificante. A livello mediatico con i servizi della “Domenica Sportiva” o con il messaggio lanciato da Michelle Hunziker a “Striscia la Notizia”. Ma il riconoscimento più grande sono stati i numerosi inviti ricevuti dalle scuole e il poter portare il messaggio del libro in mezzo agli studenti. In un mondo dove l’ipocrisia è regnante, sono rimasta stupita dalla maturità e dal coraggio dei nostri ragazzi. Le mie battaglie sono ancora attuali, credo e spero che il loro futuro sia in buone mani».

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