Ciclismo, Filippo Baroncini: il re degli Under 23 ha un futuro d'oro

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Mancano 150 metri al traguardo del mondiale Under 23 di Leuven. Filippo Baroncini è da solo, con una manciata di secondi sul gruppo, si volta per l’ultimo sguardo ed inizia ad assaporare quella maglia iridata che è il suo grande obiettivo da mesi. È un’impresa storica, considerando che nessun romagnolo si presentava da decenni a un Mondiale con ambizioni di successo e che, a quella prova, partecipavano giovani atleti con esperienza consolidata nel professionismo. Tra cui lo svizzero Schmid, favorito e vincitore della tappa di Montalcino al Giro d’Italia “pro”, che si è bruciato con una condotta da gara spavalda che si è rivelata suicida. Il piano di battaglia di Baroncini, invece, è lucido e preciso: il massese riesce anche a non farsi condizionare da una caduta che poteva mandare all’aria ogni possibilità di successo.
Il successo di Baroncini non è stato casuale: è stato voluto, calcolato ed era l’unico risultato accettabile dopo l’amaro argento ai Campionati Europei di Trento a inizio settembre. Un argento, quello vinto a Trento in maglia azzurra nella prova in linea Under 23, che avrebbe fatto la gioia di qualunque atleta ma che, per Baroncini, è stata la scintilla per cercare di ottenere qualcosa in più. Ed è questo modo di intendere lo sport il vero marchio di fabbrica di Filippo Baroncini, una visione “da campione” che lo accompagnerà anche nell’avventura professionistica con la Trek Segafredo, sia nel bene che nel male.

Il magico 2021

Nonostante il 2020 fosse stato completamente mozzato dal Covid, Baroncini era stato una delle note più liete della stagione con due successi in volata con la maglia della Beltrami Tsa. E per lui si erano già aperte le porte del professionismo con la Eolo Kometa, che aveva chiesto informazioni per ingaggiarlo immediatamente. Per tutti sarebbe stato il sogno che si avvera, non per Baroncini che vuole sì passare professionista, ma vuole farlo dalla porta principale del World Tour e dopo una stagione da protagonista tra gli Under 23 con la Colpack Ballan. La differenza tra supponenza e consapevolezza può essere sottile ma Baroncini a suon di risultati la rende abissale. La rottura della clavicola ad inizio stagione rallenta solamente un’ascesa continua: Giro d’Italia vissuto da protagonista con un successo di tappa (a cronometro), argento ai tricolori su strada, maglia tricolore nella prova cronometro, successo in nazionale all’Etoile d’Or in Francia, argento in linea agli Europei. Tutto questo vale un contratto tra i professionisti con la maglia della Trek Segafredo che, come voleva il massese, avviene dalla porta principale. Anzi, il successo iridato ottenuto a Leuven ha reso Baroncini la scelta numero 1 in un ipotetico draft ciclistico in stile Nba. È lui la nuova speranza del ciclismo italiano.


È nata una stella?

Difficile da dire perché la storia del ciclismo e dello sport in generale è piena di meteore e di stelle cadenti. Di sicuro la Romagna, tradizionalmente terra di scalatori, si ritrova dopo decenni con un corridore in prospettiva in grado di lottare per le Grandi Classiche del calendario internazionale. La Romagna ha una grande tradizione con le corse a tappe con Baldini (1 Giro), Pambianco (1 Giro), Pantani (1 Giro e 1 Tour), ma non ha mai avuto un ciclista in grado di primeggiare nelle più importanti gare di un giorno. Gli unici successi si perdono nel tempo con i Giri di Lombardia vinti dal faentino Minardi (1952), dall’imolese Ronchini (1957) e il Mondiale di Baldini (1958). Difficile dire se Baroncini sarà in grado di lottare per traguardi così importanti. Ma non ci sono dubbi che il primo a crederci è proprio lui: Filippo Baroncini, il ragazzo che i suoi sogni li ha sempre realizzati.

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