Chiusi per non rimetterci, la crisi degli agriturismi

Archivio

Gli agriturismi romagnoli, uno dopo l’altro, si stanno fermando. Meglio chiudere e riaprire in tempi migliori, piuttosto che continuare a rimanere aperti, spendendo denaro che non frutta nulla. Quello che arriva dai vertici di Agriturist Emilia-Romagna, l’associazione che rappresenta gli agriturismi associati a Confagricoltura, è un vero e proprio grido di allarme. «Non è una chiusura imposta dallo Stato, ma da un mix di fattori che spingono l’imprenditore a sospendere l’attività fino a data da destinarsi, per limitare il danno economico, malgrado non siano previste misure specifiche a favore di chi si trova in difficoltà». Così la spiega Gianpietro Bisagni, presidente di Agriturist regionale, che aggiunge come «coloro che continuano a lavorare, lo fanno a costo di rimetterci, per non perdere il personale attualmente impiegato e la clientela fidelizzata».

La sensazione è quella di aver portato indietro le lancette dell’orologio esattamente a un anno fa, quando la pandemia picchiava duro e gli agriturismi (sono circa 400 in tutta la Romagna) erano costretti a rimanere chiusi, con la sola differenza che in quel periodo erano previsti ristori per le imprese colpite e questa volta no. «C’è stato un calo netto sia dal punto di vista della ristorazione che dell’alloggio» spiega Alessandro Ricci Bitti, vicepresidente di Agriturist Emilia-Romagna e, tra l’altro, titolare di un agriturismo nel ravennate che, per il momento, rimarrà chiuso almeno fino all’inizio di febbraio. «Gli ingressi dall’estero si sono fermati – commenta –, ma anche le movimentazioni interne sono decisamente limitate. Il problema è che, nel frattempo, luce e gas sono aumentati in modo consistente, con bollette che in certi casi si sono persino raddoppiate, mentre le prenotazioni sono nulle».

Fondi straordinari

La condizione viene descritta come «insostenibile per due anni di fila», per questo Bisagni auspica «l’allocazione di fondi straordinari da parte della Regione, finalizzati a sostenere le aziende agrituristiche attive in Emilia-Romagna e potenziare il territorio nel suo insieme e tutto il sistema turistico regionale».

Disdette dell’ultimo minuto, impennata dei dipendenti contagiati, sostanziale blocco degli spostamenti e un calo persino del cosiddetto turismo business (cioè chi viaggia per motivi di lavoro), che finora aveva sostanzialmente retto: sono questi i temi alla base della crisi degli agriturismi, che ora per non continuare a perdere denaro preferiscono chiudere. «I gestori sono sotto pressione».

Newsletter

Iscriviti e ricevi le notizie del giorno prima di chiunque altro Clicca qui