Chiara Muti è "Medea" al Ravenna festival

RAVENNA. L’incontro tra testo e musica, tra la dimensione della parola e quella del suono musicale è da sempre al centro della storia della musica e dell’arte, motivo di ricerche e sperimentazioni, di “querelle” e soluzioni sempre nuove, come quella che negli ultimi decenni del Settecento esce dalla penna di Jíri Antonín Benda, il compositore tedesco passato alla storia come l’inventore del primo “melologo”. Ovvero una particolare unione tra parola recitata e musica, che non sfocia nel recitativo tipico dell’opera lirica, ma in cui la musica si nutre del significato del testo, assumendone il profilo espressivo, in un’alternanza di registri che solo talvolta sfocia in una vera e propria sovrapposizione. Non stupisce quindi che un’attrice di formazione musicale qual è Chiara Muti abbia scelto di affrontare il genere: sarà lei, infatti, la protagonista di Medea, insieme ad Ariadne auf Naxos, il più apprezzato dei melologhi di Benda, in programma questa sera per Ravenna festival al Chiostro della Biblioteca Classense (ore 21.30). Ad “accompagnare” la sua voce il Trio Hager, ovvero Marco Mandolini al violino, Elke Hager al violoncello ed Enrico Pompili al pianoforte, che hanno collaborato alla trascrizione per trio dell’originale partitura per orchestra.
Una pagina veramente di rara esecuzione che però, spiega Chiara Muti, «dice molto del fermento di idee che anima la seconda metà del Settecento, basti pensare alle riflessioni che si condensano attorno all’Enciclopedie di Diderot e D’Alambert, all’antesignano del melologo firmato da Rousseau, Pygmalion, alle spinte che nel giro di pochissimi anni conducono a Beaumarchais e a Mozart… la musica si incarica sempre più di entrare nel cuore vivo e nelle ferite dei personaggi, lasciando da parte le forme stereotipate e fredde del passato, rinunciando alla codificata teoria degli affetti per intraprendere quello scavo psicologico del carattere dei personaggi che nel secolo successivo porterà alla psicanalisi, insomma, alla modernità. Del resto proprio Mozart, dopo averlo ascoltato a Mannheim, nel 1778, è entusiasta del lavoro di Benda, e sembra ne tragga ispirazione poi per il Flauto magico… questa è per me una chiave di lettura fondamentale per interpretare Medea».
La storia narrata è naturalmente quella che dal mito passa alle mani di Euripide: la protagonista, che per vendicarsi dell’infedeltà di Giasone, a cui ha sacrificato la sua stessa famiglia per aiutarlo nella conquista del mitico vello d’oro, arriva a uccidere la nuova amante Creusa e il padre di lei Creonte, ma anche i propri figli.
«Il mito che Benda sceglie di mettere in musica sprigiona tutta la sua valenza classica, esaltata dall’essere “imprigionato” in una forma propria del pensiero illuminista, e in questo caso anche da un’esecuzione che io definirei “per quartetto”, in cui la voce diventa strumento insieme agli altri, perché pur non cantando, e inserendosi per lo più nelle pause della musica, e raramente sulla musica stessa, interagisce con i suoni in una perfetta consonanza emotiva, in un insieme capace di rendere l’evolversi degli stati d’animo della protagonista, fino alla drammatica decisione finale».
La forma “di concerto” consente anche di apprezzare fino in fondo le insospettate qualità compositive di un autore sconosciuto al grande pubblico e talvolta anche ai musicofili più attenti.
«Siamo di fronte a un autore ingiustamente trascurato – sottolinea Chiara Muti – che invece aveva saputo ritagliarsi un posto non trascurabile nel panorama musicale dell’epoca: lavorava alla corte di Federico II di Prussia, ma viaggiava ed era in contatto con tutto il mondo culturale europeo, assimilando la lezione dell’orchestra di Mannheim, ma anche il clima espressivo di Mozart, che lo apprezzava, come i modelli di Haydn».
Dopo il successo ottenuto negli scorsi mesi come regista di “Così fan tutte” al San Carlo di Napoli (con un allestimento che il prossimo anno sarà ripreso a Vienna con i Wiener Philharmoniker diretti da Riccardo Muti e da lì portato in tournée in Giappone), interpretare il melologo di Benda è per lei un ritorno in scena. Qual è il ruolo che sente più suo?
«Certamente la regia d’opera è l’attività a cui ora dedico più tempo… del resto sono oramai diversi i titoli di cui mi sono occupata, dalla Sancta Susanna di Hindemith all’Orfeo ed Euridice di Gluck, fino alla Manon pucciniana e alla Didone di Purcell. Ma soprattutto mi sembra che sia anche quella che mi restituisce con pienezza alle mie passioni, la recitazione e la musica: con i cantanti posso lavorare dal punto di vista dell’attrice, ma avendo a mia volta studiato canto capisco le loro esigenze valutando quindi ciò che posso chieder loro. Insomma, amo recitare e tornerò a farlo, per progetti che ne valgano la pena, ma il teatro in musica riassume in sé tutto ciò che un artista può volere».
Info: 0544 249244
www.ravennafestival.org

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