Che storia la Linea Gotica! Parola di Andrea Santangelo

La Linea Gotica – fortificazione realizzata dai tedeschi lungo l’Appennino per fermare l’avanzata alleata, 320 chilometri da Rimini a Marzabotto – fu una tragedia all’interno di un dramma più grande, la Seconda guerra mondiale. Le nostre campagne, in Romagna ed Emilia, sono punteggiate di cimiteri stracolmi di lapidi di giovani soldati periti in questa lunga “battaglia” che si combatté sul finire della guerra. Una vicenda ben descritta e approfondita dall’archeologo e storico militare riminese Andrea Santangelo nel suo ultimo libro, Andare per la Linea Gotica edito dal Mulino.

Santangelo, c’era bisogno di un altro libro sulla Linea Gotica? Non è stato tutto già scritto?

«In realtà, da quando è scomparso lo storico Amedeo Montemaggi, non ci sono più tanti libri che parlino di tutta la Linea Gotica nella sua interezza. Anche perché non era un unicum come la Linea Maginot: era solo il posto più facile per i tedeschi per fermare l’avanzata alleata – cosa che è successa nei fatti – fortificandola e utilizzando poche truppe per “tenerla”. Per il resto, era quello che vediamo ancora oggi andando in gita: una zona montagnosa, con molti fiumi e torrenti, calanchi, insomma difficile da percorrere».

Cosa ne determinò la sconfitta?

«Certamente la superiorità in termini di uomini: gli Alleati erano il triplo dei Tedeschi. Ma anche la totale supremazia aerea e di mezzi a terra, dai cannoni ai carrarmati. Nell’estate del 1944 venne costantemente bombardata, e a difenderla c’erano solo pochi caccia della Rsi contro migliaia di aerei alleati».

Ma vi furono problemi anche per gli Alleati.

«Certo. Uno dei problemi principali, man mano che la fine della guerra si avvicinava, era il fortissimo tasso di diserzione: tutti sapevano che la guerra sarebbe finita a breve e nessuno voleva rimetterci la pelle negli ultimi mesi di combattimento. Così tantissimi fanti scapparono verso sud, molti a Napoli, attratti da clima e belle donne. Sicché le retate della Polizia Militare erano continue ma, anziché processarli per diserzione, li rimandavano al fronte…».

I partigiani che ruolo ebbero in tutto questo?

«Più che nell’operazione militare in senso stretto, ebbero il ruolo fondamentale di distogliere ingenti forze tedesche nelle retrovie della Gotica: le efferate stragi compiute dai Tedeschi, che purtroppo ben conosciamo, sono state spesso dettate dal tentativo di “pacificare” a modo loro il territorio, per assicurarsi una via di fuga. Occorreva loro un libero transito, e le azioni di guerriglia dei partigiani glielo impedivano. I tedeschi non avevano truppe a sufficienza, e spesso venivano utilizzate per rastrellamenti contro i partigiani, non avevano ricambi. Non potevano mai riposarsi… Vi furono poi alcune formazioni della Resistenza che ebbero anche un vero e proprio ruolo militare, come quelle di Bulow a Ravenna: unica unità comunista a essere inglobata nell’Esercito Alleato!».

La guerra oggi ha un nome: Ucraina… È pensabile una Linea Gotica in Ucraina?

«Tecnicamente no, perché il modo di fare la guerra è cambiato. Ma è vero che nel Donbass i russi fanno fatica ad avanzare grazie a una serie di fortificazioni campali e un riuscito connubio tra fanteria e missili anticarro. Proprio il 24 febbraio scorso, quando Putin ha invaso l’Ucraina, usciva un altro mio libro dal titolo Invincibile Russia, nel quale racconto come ha fatto la Russia, più volte invasa (Napoleone, Hitler, ndr) a rigettare sempre gli invasori. E uno dei motivi tecnici è il fango primaverile che si crea dopo il disgelo invernale: un fango così spesso e avvolgente che ingloba tutto, uomini e mezzi. Per questo mi sono molto meravigliato dei tempi scelti da Putin: sembra che la storia non gli abbia insegnato nulla, un errore tattico grave da parte dei Russi».

Come finirà in Ucraina?

«Io sono uno storico, studio il passato più che il futuro. Ma la domanda è difficilissima per qualsiasi analista. Certo Putin ha bisogno di una vittoria incontestabile entro breve tempo, Zelenski invece di tenere vivo a lungo l’interesse occidentale. Non credo che, soprattutto come tempi, potrebbe diventare il Vietnam della Russia. Non conviene a nessuno, né ai contendenti né agli spettatori neutrali. Entro l’estate qualcosa dovrebbe mutare».

Tornando alla Linea Gotica, lei avrà decine di aneddoti da raccontare…

«Aneddoti tantissimi, anche perché mi piace stemperare la tensione con racconti anche divertenti sull’umanità delle persone coinvolte. Per esempio, la Linea Gotica fu il primo vero momento di globalizzazione: nei nostri paesini arrivarono eserciti di 36 diverse nazionalità. E questi ragazzi che venivano in Italia non aveva la minima idea di cosa fosse il nostro Paese. A Rimini l’Arco d’Augusto si è salvato 3 volte: una prima dai bombardamenti alleati; una seconda dai Tedeschi che si sono rifiutati di abbatterlo. Ma anche una terza dai fanti alleati…. A un reparto delle Mauritius venne dato l’ordine di trovare materiale edile per coprire i crateri delle bombe e farvi passare sopra i mezzi. Videro l’arco e pensarono che quei lastroni di marmo erano perfetti. Decisero di tirarlo giù con catene e camion. Per fortuna un colonnello inglese riuscì a fermare tutto prima del disastro! Oppure la storia di quella nonna sull’Appennino i cui nipoti morivano di fame. Una volta arrivati gli Indiani, questi cominciarono a cucinare il loro cibo speziato e la nonna impedì ai bambini di mangiarlo perché… puzzava troppo. Ma la fame ebbe il sopravvento: i bambini corsero dagli Indiani che li nutrirono e poco dopo arrivò anche la nonna!».

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