Cgil Ravenna: "Cassa integrazione, aziende in difficoltà cronica"

Ravenna

Il numero di cassaintegrati è stabile, ma cresce la dimensione delle aziende che la utilizzano. Segno di una cronicizzazione della difficoltà del tessuto produttivo. E questo inquieta doppiamente, in vista di uno blocco dei licenziamenti che parrebbe trovare un’ulteriore proroga, ma che prima o poi verrà rimosso. Marinella Melandri è segretaria generale della Cgil di Ravenna dall’inizio del dicembre scorso, consapevole di assumere la guida del sindacato di via Matteucci agli albori della più grave crisi economica dal Dopoguerra.

Marinella Melandri, partiamo dai dati. Quale situazione viene tratteggiata dal ricorso agli ammortizzatori sociali?

«I cassintegrati rimangono all’incirca 4500 nella nostra provincia. Il numero più alto di lavoratori per i quali si ricorre all’ammortizzatore sociale si riscontra nel terziario: 1950 tra ristoranti, bar, negozi, hotel. Circa un migliaio sono quelli nel settore metalmeccanico. Un po’ meno, ottocento, ricadono nel settore ceramico, chimico ed energetico. Siamo fiduciosi che il blocco dei licenziamenti venga prorogato, e che stavolta vi sia associata la definizione di strumenti di formazione e ricollocazione dei lavoratori».

Il settore energetico preoccupa particolarmente. Perché oltre alla situazione di crisi generale perdura il blocco delle estrazioni di metano...

«Dobbiamo renderci conto che siamo inevitabilmente di fronte ad una transizione, ma per sostenerla vanno fatti degli investimenti. E questi comprendono una scelta di campo importante: come riconvertire la produzione energetica, dove orientare la ricerca, come reimpostare la formazione professionale? Tutti interrogativi che devono essere posti e rispetto ai quali la politica deve tracciare una direzione. Perché a Ravenna scontiamo in parte un ritardo di lungo periodo».

In che senso?

«Noi svolgiamo analisi su vari indicatori dal 2015, cioè dal primo Patto per il lavoro firmato con la Regione. Quell’accordo portò importanti risultati, ma buona occupazione se ne vide soprattutto in Emilia. Qui nel Ravennate rileviamo un gap, dato da un deficit di investimenti».

Parlando di investimenti e di settore energetico, viene spontaneo pensare a quello depennato in extremis nel Recovery Plan sullo stoccaggio e riutilizzo della CO2 di Eni su Ravenna. Si riferisce a questo?

«Beh, abbiamo chiesto la convocazione di un tavolo regionale di settore per parlare di questo ed altro. Presto sarà convocato, ma ne reclamiamo uno nazionale. Ad ogni modo, non vogliamo essere noi a dire quali investimenti devono essere fatti: è la politica a indicare le strategie. Su Ravenna si è parlato di CO2, di energie da moto ondoso, di eolico offshore, di fotovoltaico a mare. Vogliamo essere coinvolti e disegnare assieme uno sviluppo, capendo magari quale ruolo possono avere i tecnopoli, quali ricerche si possono fare sui materiali, che spazi ci sono per la chimica verde».

La gran parte dei cassaintegrati però è nel terziario e lì sembra risiedere anche la gran parte della strisciante. Non è così?

«Sì, su quell’ambito la preoccupazione è forte. In questo settore infatti non solo è alto l’utilizzo di ore di cassa, ma molti dei 5mila posti di lavoro si sono persi proprio in turismo e commercio. Dove cresce la precarizzazione e quindi chi poi viene lasciato a casa ha anche una Naspi più bassa e scivola nell’indigenza. Negli ultimi due mesi però vediamo emergere anche un altro dato».

Quale?

«La dimensione crescente delle aziende che utilizzano la cassa integrazione ed il ruolo che hanno in questo le agenzie di somministrazione, mezzo di ingresso lavorativo per molti, in metalmeccanica e chimica. Temiamo sia un segnale di una cronicizzazione della difficoltà».

Un altro ambito di sofferenza permane nella scuola. Su questo fronte, cosa auspicate?

«Che Draghi nel suo primo discorso abbia fatto un richiamo alla scuola molto netto, è positivo. Abbiamo bisogno di edilizia scolastica, e qui nel Ravennate negli ultimi giorni questo aspetto è divenuto evidente. Poi si è parlato di prolungamento a giugno, ma vorremmo capire che significhi. L’ambito dell’istruzione sta vivendo un anno faticoso ed il contagio non sapremo quali livelli potrà avere a inizio estate, quando inizierà a porsi anche il tema del turismo. Forse attenueremmo i rischi pensando a un recupero a settembre. Sull’ambito culturale c’è poi bisogno di rinnovata attenzione. Anche i lavoratori di quel mondo, come di quello sportivo, sono finiti nel dimenticatoio. E sono quelli che stanno soffrendo più di tutti, soprattutto nel precariato».

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