Cesenatico, Mirko, il sommelier professionista in sedia a rotelle: "La disabilità è un'opportunità" - Gallery

Cesenatico

Una forte passione, ma soprattutto una grande curiosità e un’ostinata voglia di mettere alla prova i propri limiti per superarli. Mirko Pastorelli è un sommelier in sedia a rotelle, oggi lavora nella consulenza ho.re.ca, ma prima ha lavorato nella ristorazione, accumulando esperienze di studio e di lavoro in giro per il mondo.


Il percorso

Ventinove anni, cesenaticense, nato con una paraparesi spastica, ha cominciato la sua vita lavorativa da tutt’altro ambito: quello dell’informatica. Quella della sommellerie è stata una svolta professionale relativamente recente, «ma sono sempre stato un bevitore - precisa con una risata Pastorelli - e sono sempre stato curioso». Quando 5 anni fa ha lasciato il lavoro informatico determinato a fare della sommellerie il suo nuovo lavoro lo ha fatto ispirato da Yannick Benjamin, il primo sommelier in sedia a rotelle. Per conoscerlo, vedere dove e come lavorava, è andato fino a New York. Un ruolo importante lo ha giocato anche l’Aspi, l’associazione sommellerie professionale italiana e in particolare Giuseppe Vaccarini, il presidente dell’associazione, «il primo a credere in me, con lui è nato un rapporto di amicizia e di stima».


Il vino nel mondo

Aspi è l’associazione che gli ha permesso di entrare a contatto con il mondo internazionale del vino, aumentando non solo la conoscenza ma ampliando anche il bagaglio di relazioni e ispirazioni a cui attingere per crescere professionalmente. «Quando mi sono avvicinato alla sommellerie ero convinto che la sala di un ristorante fosse l’unico luogo in cui potesse lavorare un sommelier. Le sale dei ristoranti sono difficilmente accessibili quando le si vuole frequentare da clienti se si è in sedia a rotelle, figurarsi per lavorarci e poi.. Non sono mai stato un fighetto», aggiunge ridendo. A fargli cambiare idea è stato l’aver conosciuto la storia di Yannick Benjamin: «Lui ha inventato una tavola apposta con l’incastro per la bottiglia, o calici e il decanter e mi sono detto che se lo faceva lui, potevo farlo anche io. Dopo svariati viaggi con l’associazione, ho cominciato ad informarmi su come fosse la situazione lavorativa internazionale».


Il Covid e l’Australia

« Inizialmente pensavo di andare negli Stati Uniti ma la green card era un problema, così a inizio 2020 sono arrivato a Melbourne in Australia. Sono partito dall’Italia con uno degli ultimi voli prima che bloccassero tutto il 5 marzo. Ho fatto una prova in un ristorante ed è andata talmente bene che l’amministratore delegato era tornato da Hong Kong per conoscermi». Ma quello che sembrava l’avvio di una carriera promettente e tanto sognata è stato messo in discussione dall’arrivo del Covid anche là: «Il ristorante ha chiuso, ho perso il lavoro e ho passato 8 mesi chiuso in casa… È stato un periodo durissimo, ero dimagrito molto. In quei mesi però ho conosciuto anche tanti giornalisti che hanno raccontato la mia storia».


Il ritorno in Romagna

Il rientro a casa in Romagna non ha spento la determinazione di Pastorelli e anzi ha segnato una nuova occasione di crescita professionale. «In tanti sono convinti che il lavoro del sommelier si esprima solo nella sala di un ristorante, ma non è così. Oggi il mestiere si è evoluto e quel bagaglio professionale può essere speso anche come consulenti». È quello che sta facendo Pastorelli: «A darmi l’opportunità è stata Blubaj di Cesenatico», azienda storica della distribuzione “beverage and food”. « Ora il mio lavoro consiste nell’accompagnare ristoratori e baristi nelle loro scelte, il mio lavoro precedente mi permette di portare un contributo anche nel campo della digitalizzazione dei servizi collegati a questo settore. Blubaj inoltre ha un focus molto importante sulla sostenibilità un tema di cui si parla molto e che credo insieme a quello dell’inclusione diventerà sempre più centrale in futuro».
Tema quest’ultimo che sta particolarmente a cuore a Pastorelli che crede molto nel potere della testimonianza: « Credo che la disabilità possa essere anche un’opportunità, per me lo è nel mio lavoro: mi permette di creare un rapporto empatico con le persone. Quando lavoravo in sala lo sentivo di più, ma anche adesso che lavoro come consulente so che la mia storia ha un impatto forte e io lo sfrutto a mio vantaggio. Nella vita e nella mia carriera ho dovuto abbattere molte barriere, ma credo di poter essere anche una fonte di ispirazione per qualcuno che magari leggendo la mia storia pensa “se ce l’ha fatta lui posso anche io”».

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