Spiaggia, aumentano i canoni demaniali del 25%

Cesenatico

I canoni delle concessioni balneari lieviteranno del 25,15% nel 2023. Lo ha stabilito il ministero delle Infrastrutture il 30 dicembre 2022. Una vera doccia fredda per gli operatori del settore visto che la consueta variazione calcolata in base agli indici Istat registra l’incremento più alto di sempre. Dati alla mano, l’aumento è stato calcolato attraverso la media sul paniere Istat tra i prezzi all’ingrosso e quelli al dettaglio dell’anno appena terminato, oscillanti tra +40% e +9%. Tradotto, il canone minimo peserà di 3.377,50 euro, rispetto ai 2.698,75 euro di 365 giorni fa, spezzando un trend di tagli che hanno mitigato le ultime annate: dal -1,85% del 2021 al -0,75% nel 2020.

Tabella di marcia in ritardo

A fare il punto è il presidente delle imprese demaniali di Confartigianato nonché presidente della Coop Rimini sud, Mauro Vanni, che prende a esempio il bagno 62 da 250 ombrelloni che gestisce a Rimini. « Fino al 2021 pagavo circa 12mila euro di canone, cifra che lo scorso anno è schizzata a 14mila dopo l’aumento dell’8% e che ora toccherà quota 18mila». Al netto dei numeri, fa presente che, «nonostante rincari che non fanno piacere a nessuno, il vero problema resta la mancanza di norme che diano certezza a un’intera categoria, fermo restando che il canone costituisce solo la punta di un iceberg» ingigantito da «una serie di balzelli che fanno impennare le spese a oltre 60mila euro, dalla tassa sui rifiuti all’imposta municipale unica passando per l’obbligo della pulizia almeno un’ora al giorno tutto l’anno». Sforzi a fronte dei quali, ribadisce un appello: «Chiediamo al governo di prendere in mano la situazione assicurando prospettive per il futuro oltre al confronto con l’Europa».

Un favore all’estero

Nell’attesa si aggrappa alla concretezza di un esempio: «A chi viene diagnosticato un male incurabile, peserebbe sapere dell’amputazione di un dito?». Ovvero: i canone resta un punto di una partita aperta «che impedisce investimenti, progetti e accesso al Piano nazionale ripresa e resilienza». Il peggio è che entro gennaio bisogna stilare i decreti attuativi. Oltre al danno la beffa, dunque, perché «del nostro affanno si avvantaggiano i competitor all’estero, dalla Spagna alla Croazia che lavorano per migliorare mentre noi siamo fermi al palo da 15 anni, sebbene il turismo costituisca il 14% del Prodotto interno lordo e solo quello balneare il 7%». Nessun timore invece per la stagione 2023, nonostante il caro bollette per la qualità-prezzo romagnola, «ma – rimarca - per attrarre gli stranieri serviranno forti investimenti».

Parametri e aliquote

Le associazioni di categoria bacchettano l’aumento dei canoni, pronte a chiedere la revoca o almeno la sospensione di un provvedimento che Antonio Capacchione e Maurizio Rustignoli, presidenti rispettivamente di Sib-Confcommercio e Fiba-Confesercenti, in una nota congiunta. definiscono «ingiustificato e ingiusto». Ingiustificato in quanto «più del doppio dell’indice Istat del 2022 (pari al +11,5%) e più del triplo dell’inflazione (+8,1%)». E ingiusto perché, secondo le sigle, inasprisce un meccanismo per determinare i canoni già sbagliato, «non parametrato alla redditività dell’area e disincentivante rispetto agli investimenti». Nel mirino finiscono poi l’aliquota Iva al 22%, che per le aziende turistiche è al 10%, nonché «la Tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi sull’intera area, anche laddove e quando non ne produce, o l’Imu sui manufatti considerati affittuari».

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