Morte di Pantani: l'Antimafia insiste: "Indagate ancora"

Cesenatico

Continuare a far luce sulla esclusione di Pantani dal Giro d’Italia a Madonna di Campiglio. A chiedere di non arrendersi per scoprire cosa successe davvero il 5 giugno 1999 è la Commissione parlamentare antimafia, che nella sua relazione finale ribadisce quanto già pubblicato a settembre, attestando la messa in atto di «numerose anomalie». Il caso Pantani è al momento, per l’ennesima volta, aperto sui tavoli della magistratura riminese. Ora, a invitare la Procura a continuare a indagare si aggiunge anche la Commissione antimafia, guidata dal presidente uscente Nicola Morra. Tuttavia, per i legali Fiorenzo e Alberto Alessi, che assistono la famiglia di Marco Pantani, la relazione non svela niente che non fosse già noto. «Non è la prima di analogo tenore e contenuti - sottolineano gli avvocati -. È fatto ormai conclamato che a Madonna di Campiglio Marco Pantani, per usare le sue parole, venne “fregato”. Anche da organi giudiziari è stato affermato come quel 5 giugno del ‘99 fu scritta una pagina nera per il ciclismo». Altrettanto sicuro, rilevano i legali, è «che vi siano circostanze controverse relative agli accadimenti che portarono alla morte», avvenuta il 14 febbraio 2004, all’hotel Le Rose di Rimini. Gli avvocati ricordano che quei fatti sono «al vaglio della procura competente» e che si «confida in una puntuale attività investigativa e d’indagine che risulta tuttora in corso.

Intanto Morra, nel presentare le conclusioni della Commissione Antimafia che lui stesso aveva anticipato a settembre, dice che «Diverse e gravi furono le violazioni alle regole stabilite affinché i controlli eseguiti sui corridori fossero genuini e il più possibile esenti dal rischio di alterazioni». Negli accertamenti a Madonna di Campiglio «non venne rispettato il Protocollo siglato dall'Uci con l'ospedale incaricato di eseguirli. È stato inoltre accertato che il prelievo di sangue su Pantani venne effettuato alle 7.46 e non alle 8.50, come invece indicato nel processo che dovette subire per “frode sportiva”». Una difformità che escluse la possibilità che in quel processo fosse valutata l'ipotesi della manipolazione.

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