Cesenatico, studio sul granchio blu: dai danni certi a possibile risorsa

Granchio blu: completato lo studio sulla biologia della specie da parte della sede universitaria cesenaticense di Acquacoltura. È finalizzato a capirne l’adattamento in Adriatico, il nocivo e all’apparenza inarrestabile sviluppo nei fondali di mare, porti e lagune. Uno studio che servirà a contrastarne non solo la preoccupante e temibile diffusione, ma anche a valutarlo quale possibile risorsa.

Si tratta di una specie di “super” granchio, alloctona, di origini atlantica, la cui presenza nei nostri mari era riscontrata già da decenni, ma che in pochi mesi ha avuto una recrudescenza e uno sviluppo mai visti prima. Tale da essere una minaccia, un vero e proprio flagello sia per l’attività dell’uomo che per le altre specie ittiche. Per gli allevamenti e vivai di vongole e cozze, come pure per la pesca costiera, effettuata con reti e strumenti da posta.

Lo studio, condotto dall’equipe di biologi marini del professor Oliviero Mordenti, sarà presentato all’università di Bologna il 17 novembre alla presenza di altri ricercatori e del dirigente regionale per la pesca e l’acquacoltura. Regione l’Emilia-Romagna che ha dato la spinta a questa ricerca sul granchio blu condotta dal dipartimento di Medicina Veterinaria di Bologna. «Vogliamo fare vedere il granchio blu non solo come danno, peraltro grande e reale, ma anche come possibile risorsa», anticipa il professor Mordenti, ricercatore con all’attivo approfonditi studi in corso sulla riproduzione in cattività delle anguille e degli storioni. «Nei laboratori di Cesenatico abbiamo studiato innanzitutto questo granchio sotto l’aspetto dei comportamenti, dell’adattamento nei fondali marini, deltizie, lagune. Segnatamente, ma non solo, le abitudini alimentari».

Una specie estremamente vorace. «Mangia di tutto, con preferenza vongole e cozze, anche se non ha facilità di predarle - spiega Mordenti -. Abbiano riscontrato i tempi di cattura, come anche gli effetti della temperatura dell’acqua sulla voracità. In ciò l’optimum, le condizione favorevoli per il granchio sono i 26 gradi. Man mano che la temperatura scende o sale riduce in proporzione la quantità di mangiare. A 10 gradi smette, così come superati i 34. A 22 e a 32 mangia il 25% in meno. Ogni giorno un granchio blu mangia dal 5 al 10% del proprio peso corporeo, come se un uomo di 80 chili divorasse 4-8 chili di carne al giorno».

Un granchio che può raggiungere i 20 centimetri di larghezza al carapace, che si riproduce con grande rapidità. «La capacità riproduttiva dipende dal peso. Un femmina di un etto fa un milione di uova, di due etti due milioni. Ogni etto di peso sono un milione in più».

Nello studio condotto sono stati analizzati anche i danni che provoca. «Abbiamo calcolato i danni economici. In base ai prezzi odierni delle vongole veraci sono 40mila euro al giorno su un ettaro di fondale». Smentite invece le tesi sul cannibalismo della specie: «Il dato sul cannibalismo invece tenderei a limitarlo. Dopo che abbiamo concentrato in uno spazio ridotto tanti granchi di diversa taglia e senza possibilità di altro cibo tanti non hanno mostrato particolari forme di cannibalismo tra la specie».

Si parla anche di utilizzi diversi da quelli alimentari per il Callinectes Sapidus, nome scientifico del granchio blu. «L’interesse si concentra in particolare per quanto riguarda lo scarto e il sotto taglia. E arriva dall’industria dei mangimifici: il calcio di carapace e chele può servire come alimento ad esempio alle galline ovaiole. Così c’è l’idea è produrre bioplastiche. Altro interesse potrebbe arrivare dalle aziende farmaceutiche e cosmetiche per le sostanze che si potranno ricavare. Anche perché, in quanto alimento, dal granchio si può ricavare il 10% di carne. Il solo uso alimentare, se la diffusione è a questi livelli, non risolverebbe il problema».

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