Cesenatico, «Noi angeli del fango con le stellette»: il racconto di Nino Torresi a 59 anni dall’alluvione di Firenze

«Noi angeli del fango, giovani con le stellette». Il racconto dell’esperienza di Serafino, Nino Torresi, 59 anni dopo. Allora militare del genio, soccorritore in quei tragici e funesti giorni dell’alluvione di Firenze, quando l’Arno alle prime ore di venerdì 4 novembre del 1966 straripò dopo giorni di incessanti piogge. I morti in città furono 35. Oltre quattromila gli sfollati. I danni al patrimonio artistico e culturale furono immensi. Quel disastro commosse e mobilitò per Firenze il mondo intero. Giovani volontari accorsero da ogni parte ad aiutare la città del Rinascimento italiano. I giovani di leva si prodigarono soccorrere gli alluvionati. Nino Torresi, militare in forza alla scuola del Genio dell’Esercito a Roma alla Cecchignola, II° Compagnia elettricisti era uno dei quei giovani ventenni, che con i suoi commilitoni raggiunge Firenze nelle prime ore del disastro. Mesi dopo a Udine, nel corso di un raduno alla caserma Spaccamela, venne premiato con altri 28 commilitoni per essersi distinto in servizio in quei giorni frenetici dove occorreva dare sempre in massimo di sé.

La partenza

Nino Torresi classe classe1946 è persona nota a Cesenatico, fa parte di una famiglia con radicate tradizione marinane. Il suo racconto di quei giorni parte dal 4 novembre di 59 anni fa: «Eravamo in libera uscita. Era il 4 Novembre festa delle forze armate, i permessi di libera uscita erano estesi alla mezzanotte - rintraccia nella memoria -. Quando rientravamo ci chiedevano la compagnia alla quale appartenevamo. Così quando sentirono rispondere ‘II Fotoelettrici del Genio’, ci dissero di andare subito ai capannoni. Qui c’era da caricare le fotoelettriche e agganciare i generatori agli automezzi. Eravamo un’intera compagnia. Non sapevamo cosa dovessimo fare, dove eravamo diretti. Solo all’indomani venne spiegato. Ricordo che partimmo da Roma sotto appena una leggerissima pioggia».

L’arrivo a Firenze

Giunsero a destinazione nella prima mattinata del 5 novembre. «L’immagine che si presentò subito ai nostri occhi di Firenze fu quella di una città sommersa. Ci rendemmo conto all’istante dell’immane tragedia. La città era sprofondata sotto un coltre di acqua e di fango. Sul lungarno superava in altezza il primo piano di case e palazzi». «Noi avevamo il compito di illuminare a giorno, dove altri genieri, pompieri e mezzi di soccorso erano chiamati ad operare. Di notte eravamo sempre in piena attività, di giorno riposavamo».

Il riconoscimento

Mesi dopo al comando del V Reggimento a Udine il riconoscimento: «Era il raduno della festa del Genio, con più di seicento genieri arrivati da tutti Italia – specifica Torresi mentre mostra il quotidiano dell’epoca -. In quel contesto in 29 venimmo premiati per l’opera prestata durante le alluvioni. Ci dettero 15 mila lire. Ricordo che con quel denaro comprammo il vino allo spaccio militare della caserma. Facemmo brindare l’intera compagnia. Fu una festa indimenticabile per tutti noi giovani soldati. Una bottiglia comprata allo spaccio costava 150 lire. Ce le bevemmo tutte».

Eravamo orgogliosi

Anche a distanza di anni rimane un’esperienza che ha lasciato il segno: «Eravamo giovani ma avevamo anche la consapevolezza di fare un qualcosa di davvero utile. Questo ci spingeva a dare il massimo, senza risparmiarci. Eravamo orgogliosi di quello che facevamo. Gli angeli del fango che salvarono Firenze sono stati i militari». Impiegato comunale, lasciò poi l’impiego per fare il pescatore continuando la tradizione di famiglia, e nella seconda metà degli anni Settanta Serafino Nino Torresi divenne per un periodo presidente della Cooperativa Casa del Pescatore, per poi passare a fare il tecnico elettricista per gli impianti industriali di imbottigliamento.

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