Su Rai 1, ieri in prima serata c’è stato lo spettacolo “Pietro. Un uomo nel vento”, un monologo di Roberto Benigni sulla storia di san Pietro. Registrato dal vivo il 12 ottobre nei Giardini Vaticani. A questo monologo hanno lavorato insieme Benigni, il cesenaticene Michele Ballerin, Chiara Mercuri e Stefano Andreoli. È stato commissionato dal Vaticano per la chiusura del Giubileo. Giovedì 4 dicembre in Vaticano c’è stata la proiezione privata dello spettacolo per il papa, presenti gli autori e la produzione, al quale è stato mostrata una clip di 20 minuti sui passaggi più significativi del monologo.
Cesenatico, Michele Ballerin al fianco di Roberto Benigni: “Da laico scoprire Pietro è stata un’esplorazione in territori quasi sconosciuti”
Insieme allo spettacolo Tv di Roberto Benigni su San Pietro, di cui lei è co-autore, uscirà un libro dallo stesso titolo: “Pietro. Un uomo nel vento”. Come è nato questo doppio progetto?
Subito dopo l’esperienza del “Sogno”, il monologo sull’Unione europea che abbiamo scritto insieme, Benigni ha ricevuto dal Vaticano la proposta di preparare un nuovo monologo, questa volta sulla figura di San Pietro per chiudere l’anno del Giubileo con un evento speciale. Considerata l’esperienza positiva del “Sogno”, e anche il rapporto di amicizia che ne è nato, Benigni mi ha proposto a sua volta di imbarcarci insieme in questa nuova avventura. Ci siamo messi al lavoro, con lo stesso entusiasmo della volta scorsa, insieme ad altri due collaboratori: Chiara Mercuri e Stefano Andreoli. Subito si è fatto avanti l’editore Einaudi con il progetto del libro. Conterrà il testo del monologo, arricchito da altri capitoli.
Fino ad oggi lei si era occupato di tutt’altro, e in generale, se non sbaglio, parte da un’impostazione prettamente laica. Cosa ha significato lavorare su una figura così carismatica e legata alla religione cattolica come san Pietro?
All’inizio, devo dire, è stato un po’ spaesante. L’argomento in effetti era lontano dalla mia esperienza e dalla mia formazione. Ma pochissimo dopo mi ci sono appassionato. Per me è stato un viaggio d’esplorazione in territori quasi sconosciuti. L’occasione per riscoprire (in molti casi per scoprire) una storia intensa e coinvolgente: quella di Pietro, ma anche quella del cristianesimo delle origini, che in realtà ci riguarda tutti da vicino; sono fatti che hanno impresso alla storia una certa direzione, a prescindere dall’idea che oggi possiamo farci della Chiesa e della religione.
Perché questo titolo: “Pietro. Un uomo nel vento”? Cosa sta a rappresentare?
Vista con occhi laici, ma anche semplicemente con gli occhi di una persona comune, la storia di Pietro è straordinaria, perché mostra il destino di un uomo semplice, assolutamente “normale”, che incontra uno sconosciuto, lo guarda negli occhi e, da quel momento, è trascinato quasi suo malgrado in un’avventura incredibile, che da un minuscolo villaggio della Galilea lo porterà, attraverso mille peripezie, fino a Roma, il cuore dell’impero, al martirio e alla gloria. L’immagine di un vento impetuoso che lo rapisce si è imposta da sé. Essendo di Cesenatico, tra l’altro, non ho potuto fare a meno di pensare che qualcosa di simile avrebbe potuto capitare a uno dei nostri pescatori... Chissà!
Lei e Benigni, insieme al direttore della Rai Giampaolo Rossi e ad altri collaboratori, siete stati ricevuti in Vaticano da papa Leone XIV per una proiezione privata dello spettacolo. Che cosa ha significato per lei questo incontro?
Ho vissuto l’emozione che chiunque, credo, può immaginare. È stata un’altra esperienza nuova, inattesa e anche un po’ straniante. Ma il papa ha apprezzato lo spettacolo: quindi tutto bene.
Cristianesimo matrice culturale dell’Europa: è una base valoriale capace di unire ancora la comune appartenenza all’Europa?
Negare l’influenza del cristianesimo sulla cultura europea degli ultimi duemila anni è impossibile. Ma io credo che la progressiva laicizzazione della civiltà europea sia stata un progresso decisivo. Oggi abbiamo i principi della democrazia liberale, nei quali si realizza l’unico vero umanesimo, e sono più che sufficienti a unirci in una comune idea di civiltà. Dopo di che, il momento religioso, comunque lo si voglia vivere, resta forse imprescindibile, ma come fatto intimo e privato.