Cesenatico, battaglia di Murat nel 1815: rivelazioni in un diario

“La battaglia di Cesenatico” raccolta nel diario del maggiore Pierre Martin Pirquet. Accadde quando meno di 250 gli austriaci al suo comando, mandati in avanscoperta fecero strage di napoletani murattiani qui accampati. Correva l’anno 1815. Il professore Ennio Ferretti, che anni fa ne ripercorse la vicenda, ha ora ricevuto una copia del diario del maggiore, trascritto e pubblicato da una sua discendente di nome Christine, che oggi vive in Australia. Una mezza dozzina di pagine di quello scritto sono dedicate appunto allo scontro che ci fu il 23 aprile 1815, a Cesenatico, fra l’esercito asburgico di Adam Albert von Neipperg e quelle ridotte a malpartito e in ritirata, al comando del re di Napoli Gioacchino Murat, coraggioso luogotenente e cognato di Napoleone. A fronte di poche perdite austriache, quella battaglia costò più di 300 morti e un gran numero di prigionieri ai murattiani, sorpresi al bivacco e sbaragliati. La vittoria del maggiore Peter Martin Pirquet, fu totale, nonostante avesse avuto solo l’ordine di sorvegliare, in avanscoperta, le truppe nemiche. L’impresa gli procurò il titolo nobiliare di “Freiherr Von Cesenatico”, ossia “Barone di Cesenatico”, concessogli dall’imperatore d’Austria Francesco II Asburgo Lorena. In epoca moderna, fu il più sanguinoso scontro che si ebbe a Cesenatico. Si combatté al centro dell’abitato tra il ponte sul porto canale e piazza Maggiore, oggi ribattezzata piazza Carlo Pisacane. I tanti cadaveri abbandonati furono sepolti alle porte del paese e nulla si seppe più di loro. Fu quello che passò per “Ueberfall von Cesenatico”, cioè “Il colpo di mano di Cesenatico”. A deciderne gli esiti l’elemento sorpresa: la carica a cavallo dei dragoni austriaci da una parte, la stanchezza e la sfiducia nelle fila napoletane in rotta. La battaglia risolutiva ebbe poi luogo a Tolentino, il 2 e 3 maggio di quello stesso anno. Tornando a Cesenatico, approfittando del momento di grande disordine politico durante il Congresso di Vienna, dopo la sconfitta di Napoleone, il re Murat, il 22 marzo, alla testa di un forte esercito, era partito con le sue truppe verso il nord, deciso ad annettere l’intera Penisola e dar vita così ad uno Stato unitario e indipendente, emettendo anche il Proclama di Rimini per chiamare invano alle armi gli italiani. La grande illusione era svanita sulle rive del Po, a Occhiobello, nei pressi di Ferrara, dove più volte le truppe napoletane tentarono di passare il fiume, ma furono sempre respinte.

Rivelazioni sulla battaglia

A quel punto, Murat, nella speranza di salvare almeno il trono di Napoli, iniziò la ritirata, ripiegando in ordine sparso da Comacchio su Ravenna e Forlì, dove sul fiume Ronco ci furono altri scontri. Sulla strada di Cervia una colonna napoletana, con carriaggi, salmerie e donne, si trovò sbarrata la strada. Ferretti racconta come andarono le cose: «In inferiorità numerica, al comando di 26 dragoni a cavallo, più 10 di riserva e 200 cacciatori, con 50 di riserva, si svolse la battaglia nella quale vennero uccisi 300 napoletani e fatti prigionieri più di un migliaio di soldati, che qui acquartierati furono presi dal panico e si arresero. Attraverso le mie ricerche, ho rintracciato Christine Pirquet, discendente del maggiore di origine belga protagonista della battaglia, che nel maggio del 2010 portò a Cesenatico molti dei discendenti, che oggi vivono sparsi in Austria, Stati Uniti, Canada, Inghilterra e, come lei, in Australia. Una settimana fa mi ha fatto avere il diario che Pirquet aveva scritto, nel quale si legge che gli austriaci, nello scontro di Cesenatico, persero appena 19 uomini, 15 cavalli ed ebbero 31 feriti». Quella notte, studiato il nemico, i cavalieri al galoppo oltrepassarono in ponte (che i napoletani sbagliarono a mantenere intatto) e si riversarono alla carica nell’accampamento dei nemici, che colti di sorpresa non riuscirono a reagire. Narra il cronista dell’epoca che le strade del paese e le acque del canale erano disseminate di cadaveri. I pochi superstiti riuscirono a prendere contatto con un secondo battaglione murattiano acquartierato fuori Cesenatico.

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