CESENATICO. Bottarga di cefalo made in Romagna, con già l’idea di un marchio di fabbrica delle Valli del delta del Po. Prodotta col sale di Cervia. Un’opportunità di integrazione al reddito per i vallicoltori e in prospettiva, chissà, anche per i pescatori. In aggiunta c’è il filetto di muggine affumicato, confezionato in sottovuoto in contenitori bio alla “tapioca”. Tutto questo nel progetto Unibo della Facoltà di Acquacoltura di Cesenatico, che sotto la guida del professore Oliviero Mordenti si prepara a stabilire le linee guida per la produzione di bottarga e di filetti di cefalo affumicato, fissandone gli aspetti tecnici-biologici, i prodotti, la metodologia da seguire per avere contenuti organolettici eccellenti. Anche perché avere protocolli produttivi per la trasformazione del muggine di valle del Delta dell’Emilia Romagna significa valorizzare una specie ittica oggi non particolarmente richiesta come invece meriterebbe e che lo diverrebbe una volta prodotta sotto forma di filetto e di bottarga tradizionale. Significherebbe spuntare per la bottarga prezzi che sul mercato si aggirano attorno i 200 euro al chilo. Dietro a questa pratica c’è anche un motivo di conservazione e mantenimento degli ecosistemi costieri e delle zone umide, dove il cefalo vive e si riproduce. Un domani applicabile anche alla pesca che se ne fa in mare. Sono attori partner del progetto il Corso di laurea in Acquacoltura di Cesenatico, le Saline di Cervia, i vallicoltori, i Marinati di Comacchio.
Cefali di valle... per cominciare
Le specie oggetto della ricerca sono il cefalo comune, anche noto come cefalo volpina e il cefalo bosega, che prediligono le acque salmastre. «È un progetto pensato da tempo, al quale oggi stiamo lavorando grazie a un finanziamento del Feampa, in ottemperanza con quelle che sono le direttive della Regione», specifica il professore Oliviero Mordenti, un cesenate che ha già all’attivo ricerche a livello europeo sulle riproduzione delle anguille e conservazione degli storioni. «Per cominciare l’impegno è di valorizzate la produzione ittica dei muggini allevati nelle nostre aree vallive, utilizzando le specie volpina e bosega la cui fase riproduttiva giunge una a fine estate l’altra in pieno inverno, due produzioni che non vanno a sovrapporsi». L’obiettivo è «produrre la bottarga che si ricava dalle gonadi dei celali – prosegue –, e per la preparazione abbiamo anche il sale di Cervia. Al massimo sviluppo ovarico, infatti, la sacca deve essere asportata e sottoposta subito a salagione ad una certa pressione. Il livello di disidratazione è nell’ordine del 50-60%, di quanto si ottiene essiccando le uova di pesce salate». I cefali di valle potrebbero essere solo il punto di partenza di un progetto che potrebbe essere replicato anche con i cefali pescati: «Il progetto in corso è rivolto alla vallicoltura – spiega Mordenti –, ma a maggio, per esempio, lo stesso potrebbe estendersi il cefalo lotregano pescato».
Il focus della ricerca
La ricerca, spiega il professore, è indirizzata «al miglioramento dell’allevamento in valle, e soprattutto a dettare le linee guida da applicare e trasferire ai produttori: la tecnica per avere un migliore quantitativo, i tempi, la metodologia da seguire, l’utilizzo del sale. Sono tre gli aspetti di cui ci occupiamo: la bottarga, il filetto affumicato di cefalo e il confezionamento sottovuoto del prodotto ricavato, attraverso una bioplastica a base di tapioca (amido che si ricava dalla radice tuberosa della manioca, ndr). Per quanto riguarda l’affumicazione del filetto di muggine, questo può avvenire sia a caldo che a freddo utilizzando fumi ricavati da diverse essenze di legno». I quantitativi possibili? «Al momento si parla di quintali. Di certo sarebbe una bella integrazione al reddito di allevatori e pescatori. Date le linee guida l’idea è passare ad un marchio d’origine emiliano romagnolo».