Cesenatico, ripulita la tomba del medico illustre

Quello del medico-chirurgo Ginesio Marconi è un nome importante per Cesenatico: a lui sono intitolati l’ospedale cittadino e una strada.

Visitando il cimitero urbano diversi cittadini hanno notato lo stato di abbandono in cui versava il piccolo loculo dove sono conservati i resti mortali dell'illustre filantropo e medico. Insieme si sono rivolti al Comune affinché si ponesse rimedio alla ultra decennale incuria. Della tomba più nessuno da tempo se ne prendeva cura, salvo qualche raro fiore lasciato di tanto in tanto da chi serba ancora gratitudine e riconoscenza verso questo benefattore e scienziato. Ora finalmente il marmo è stato ripulito, il lume votivo riacceso. Sul loculo è tornato a leggersi l'epitaffio: “perché anche i venturi sappiano che bontà e sapienza fecero a tutti carissimo l'uomo virtuoso cittadino ottimo, il professionista impareggiabile che per 24 anni diede mente e cuore ad alleviare sofferenze umane. Nel quinto anniversario della sua morte auspice la Croce Verde da lui fondata. Lì 19 gennaio 1922”.

L’odierno ospedale in via Abba entrò in servizio nel novembre del 1970 e prese il posto di quello che fin dal 1850 si ergeva lungo la sponda sinistra del porto canale, dove oggi è il Museo della marineria. Nel vecchio ospedale il dottor Ginesio Marconi fu “primario” e ufficiale sanitario del paese, dal 1° agosto 1893 al 19 gennaio del 1917, quando fu trovato morto “annegato” nel canale, a 57 anni. Il 22 febbraio 1973, il consiglio di amministrazione dell’ente ospedaliero, presieduto da Nicasio Giunchi, con direttore sanitario Loris Metri, deliberò di intitolare l’“Ospedale degli infermi San Giuseppe” a Ginesio Marconi. In calce alla motivazione, oltre ricordare doti, qualità, morale del medico si faceva espresso riferimento “ai sacrifici senza limiti della sua professione, in mezzo alla generale incomprensione”.

Questo perché ai suoi tempi fu parecchio osteggiato da molti popolani ma anche dall’ignavia di prefetti e amministratori locali, interessati a non inimicarsi esercenti, artigiani, locandieri, birocciai e pescivendoli, restii a ottemperare a precetti igienici e norme di sicurezza sanitaria onde evitare le epidemie e i virus contagiosi d’allora.

Nelle 39 pagine della “Relazione sanitaria dell’ospedale di Cesenatico” Marconi riportava come nell’ospedale mancasse l’acqua corrente e occorresse procurarsela coi secchi alla fontana in piazza; la sala operatoria era una tavola in legno; le porte restavano aperte giorno e notte. I ricoverati andavano e venivano a piacimento dall’osteria. Non c’era un microscopio. Gli strumenti operatori mancavano o erano inservibili e Marconi talvolta li acquistò di tasca propria. E sotto le finestre era un andirivieni continuo di carri; con l’olezzo di stallatico di animali da cortile, asini e cavalli. Era luogo abituale di sosta di birocci, con officina di un maniscalco. Mentre liquami e residui maleodoranti dei mercati si disperdevano per strada. Ginesio Marconi, fondatore della Croce Verde, autore di pubblicazioni mediche anche sui benefici del clima marino e della spiaggia, si batté per evitare che ciò continuasse ad accadere.

Riporta Bruno Ballerin in “Romagna arte e Storia - Storia di salute e malattia”: «in una fredda mattina di gennaio venne trovato un corpo nel canale: era quello del primario. Affogato fu il referto. Un incidente. Una caduta per le ghiacciate e scivolose sponde. In parte nell’opinione pubblica c’era il convincimento che qualcuno, che “gliela aveva giurata”, ce lo avesse spinto». Ferruccio Dominici, altro ricercatore, ricorda come: «Marconi avesse un carattere schietto, scevro da accondiscendenze e quanto gli accadde fu più che una disgrazia un omicidio».

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