Cesenatico, picchiato perché gay: "Bacio un ragazzo e vengo aggredito"

Dopo lo shock e la frustrazione della consapevolezza di non essere in grado di riconoscere il suo aggressore, Nicolò, 22 anni originario del forlivese ma residente a Londra, ha deciso di reagire all’aggressione che ha subito venerdì notte al Molo 95 a Cesenatico raccontando pubblicamente quanto gli era accaduto.
Nel farlo divide la sua storia in tre parti. La prima comincia dalla decisione di festeggiare la Notte Rosa al Molo 95: «Ero con due mie amiche, siamo arrivati sulle 23.40», racconta. «Il Molo 95 non è una discoteca, ma come dappertutto al mare, essendoci la musica la gente ballava, chi al tavolo, chi nella piccola pista del locale. Ho incontrato un ragazzo e quando ci siamo baciati è il momento in cui è cominciata la prima aggressione».
«È stato tutto velocissimo - racconta - ho preso subito due pugni, uno al volto e uno alla pancia, e quando mi sono girato per capire chi mi aveva colpito ho ricevuto un altro pugno al volto che mi ha fatto cadere gli occhiali da vista». Chi lo ha colpito si è rapidamente dileguato e Nicolò ha chiesto l’intervento della sicurezza. «Ero sotto shock, non riuscivo a riconoscere il mio aggressore, e la persona della sicurezza poco dopo si è dileguata». Per la frustrazione ha gettato in terra un bicchiere di un drink che credeva vuoto.
Un gesto di stizza che finirà con l’innescare la seconda aggressione. «Un ragazzo è stato raggiunto da degli schizzi, mi sono scusato subito, ho provato a spiegare, ma non è bastato, ha cominciato ad aggredirmi con insulti omofobi e a minacciare di picchiarmi. Siamo usciti ma hanno continuato a seguirci». Nicolò è sicuro della natura di quegli insulti: «Quando la mia amica gli ha chiesto il perché di tanta aggressività ha detto che era un “omofobo dichiarato” e che io ero “un frocio”». È a quel punto che Nicolò decide di chiamare il 112. Erano circa le 3.50.
«Ho chiamato il 112 - è la terza parte del racconto - perché non mi sentivo sicuro a tornare alla macchina da solo. La telefonata è durata 7 minuti, mi chiedevano di allontanarmi da quel posto, ma non erano in grado di assicurarmi che una pattuglia mi avrebbe raggiunto. Urlavo, ero spaventato e sotto shock. Ho chiuso la telefonata e alla fine ho deciso di andare spedito alla macchina. Non mi hanno nemmeno richiamato per assicurarsi che stessi bene».
Non farsi visitare da un medico è quello che crede essere stato sbagliato: «So di aver sbagliato a non farmi visitare da un medico, ma dopo l’aggressione per i successivi due giorni mi sono chiuso in casa. Non volevo più uscire, mi sembrava non avesse senso nemmeno denunciare». È l’incoraggiamento di un’amica che lo ha convinto a raccontare, e se alla fine ha deciso di denunciare è grazie al supporto di Arcigay: «Marco Tonti mi ha aiutato moltissimo». Nel frattempo si è messo in contatto con l’avvocato Christian Guidi che gli ha suggerito di fare denuncia.
Nicolò sa che è importante raccontare la sua storia ma ci tiene a chiarire che il messaggio «non è che dobbiamo chiuderci in casa. Lo dico perché è quello che mi è venuto da pensare in quei due giorni dopo l’aggressione. Ma non siamo noi che dobbiamo educarci per non venire aggrediti. È chi aggredisce che deve essere educato. Abbiamo tutto il diritto di essere noi stessi, di uscire con i tacchi e le unghie laccate se lo desideriamo senza dover temere per la nostra incolumità».

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