Cesenatico, la stagione in riviera delle minatrici del Donetsk arrivate con UilER: "Sono tutti gentili con noi"

A metà settembre si concluderà i progetto con cui Uil Emilia Romagna ha portato a Cesenatico 11 donne e 9 bambini ucraini in fuga dalla guerra. È un progetto «unico in Italia», spiega il segretario regionale Giuliano Zignani, un esperienza di corridoio umanitario che ha al centro il lavoro come fondamento di un’accoglienza degna.

Nonostante gli ostacoli burocratici, la rete solidale che Uil ha saputo tessere attorno al suo progetto, grazie anche al coinvolgimento delle associazioni di categoria ha consentito a tutte e 11 le donne di trovare lavoro. La gran parte di loro sta lavorando in alberghi, campeggi e stabilimenti balneari di Cesenatico. La barriera linguistica, raccontano Galina e Elena, «è la principale difficoltà che stiamo affrontando». Una difficoltà che però non ha impedito loro di sentirsi accolte: «Sono tutti gentili con noi, clienti e datori di lavoro».

Galina è presidente dell’organizzazione sindacale primaria del sindacato indipendente dei minatori dell’Ucraina. Ha alle spalle una storia di impegno e di attivismo, e con l’inizio della guerra continuare a vivere in Donetsk per lei era diventato troppo pericoloso. «Prima avevo tutto - racconta -: una casa di proprietà, un buon lavoro, progetti per il futuro. Sto crescendo da sola due figli, ma con il mio lavoro riuscivo a non fargli mancare nulla anche se avevamo la guerra vicina da 8 anni». Quando è cominciata l’invasione è dovuta scappare: «Per due mesi ho girato con una valigia e due bambini senza sapere dove andare e per quanto mi sarebbero bastati i soldi».

Elena invece ha appena 22 anni, quando è cominciata la guerra viveva Dnipro dove lavorava come infermiera in cardiochirurgia, una professione che qui il limite linguistico non le consente di esercitare. A Dnipro, racconta, «vivevo in una casa in affitto, continuo ancora a pagarla perché dentro quella casa c’è tutta la mia vita». La madre e i fratelli più piccoli sono a Cesenatico con lei, il padre invece non è potuto uscire dal paese, «sta combattendo».

Nel Donetsk, la regione di provenienza delle 11 donne, racconta Galina, «i russi bombardano senza sosta e si avvicinano sempre di più». La gran parte delle miniere di quella zona hanno dovuto chiudere, «ora è cominciata una evacuazione obbligatoria. La zona sta diventando molto pericolosa e perché presto arriverà l’inverno e non sarà possibile riscaldare le case».

La gran parte delle donne arrivate a Cesenatico, spiega Galina, «sono minatrici, sono donne abituate a lavorare molto che non avrebbero mai accettato di rimanere in attesa degli aiuti dello stato. Senza questo progetto e la garanzia di un lavoro, non saremmo mai riuscite a portarle al sicuro». A Cesenatico, racconta ancora Galina, «abbiamo incontrato tanti ucraini, alcune non riescono a lavorare, altri vengono pagati pochissimo. Noi ci rendiamo conto di essere fortunate, ci sentiamo protette perché c’è il sindacato».

Se Elena che è più giovane racconta che per lei l’inizio della guerra è stato uno shock, per Galina invece non è stata una sorpresa, il 24 febbraio e l’inizio dell’invasione per lei è il giorno in cui la guerra «è diventata attiva», ma era cominciata 8 anni prima. Ora che la stagione si avvia alla fine per tutte la preoccupazione più grande è trovare un nuovo posto in cui vivere e lavorare, «che sia in Italia, in Europa o nelle zone più tranquille dell’Ucraina, non importa». Il sogno per tutte è quello di poter presto tornare a casa, «noi crediamo che l’Ucraina vincerà, e che il Donetsk torni ad essere terra libera e ucraina».

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