Cesenatico, Giorgio Pasotti nell'Amleto di Shakespeare

L’eterno Amleto, tragedia shakespeariana per antonomasia, fa ritorno al teatro Comunale di Cesenatico. Si trasforma in “Hamlet” in scena stasera alle 21, su traduzione e adattamento di Alessandro Angelini e Antonio Prisco.

Sul palco otto attori con i protagonisti Giorgio Pasotti (Amleto) e Mariangela D’Abbraccio (la madre Gertrude). Del cast pure Gerardo Maffei, Pio Stellaccio, Claudia Tosoni, Andrea Papale, Davide Paganini e Salvatore Rancatore, per la regia di Francesco Tavassi. Completano le scene dell’esperto Alessandro Chiti, i costumi Sabrina Beretta e Serena Manfredini, le musiche di Davide Cavuti in una coproduzione del Teatro Stabile d’Abruzzo di cui Pasotti è direttore artistico.

La storia, qui ridotta a 90 minuti, racconta del principe Amleto a cui appare il fantasma del defunto re e padre che chiede al figlio di essere vendicato. Lo ha ucciso il fratello Claudio strappandogli il trono e la moglie vedova Gertrude.

D’Abbraccio, quale particolarità ha la sua Gertrude in questo adattamento?

«Mi piace l’interessante scrittura che disegna un ruolo meno passivo dell’originale. Esaspera in particolare un comportamento moderno che accomuna molte di noi; che è quello di rifarsi di lifting e botulino per la paura di invecchiare. Si presenta in proscenio con bende sul volto come se avesse subito un intervento estetico, è tutta presa dalla cura di sé e non si cura del figlio».

Appare dunque come una madre frivola?

«No, è una madre fragile. Lo stesso Amleto le rinfaccia: “fragilità, il tuo nome è donna” con fare accusatorio per la sua paura. Paura che in questo lavoro si traduce come timore di invecchiare e ossessione a “plastificarsi” per restare eternamente giovani. Lei rimane schiacciata da un mondo maschilista che pretende questo fermare il tempo, ma diventa anche una protesta di Gertrude stessa».

La considera una lettura coerente o vede cambiamenti nelle nuove Gertrude?

«Come donna ammetto che ci siamo piegate a questo sistema, adesso stiamo tornando a ribellarci e vedo molte giovani contro. Mi piace che questa ribellione sia sollecitata anche dalle star e da chi ha un’immagine pubblica, cosa che lascia ben sperare. È vero però che il sistema ti spinge a questo, ecco perché il significato della nostra Gertrude non è esteriore ma profondo».

Pasotti, lei che tipo di Amleto interpreta?

«Sono due le idee forti di questo lavoro. La prima riguarda quella di un Amleto equilibrista, che sta sul filo come fosse un funambolo, quasi a voler prendere la distanza da un mondo che trova corrotto e privo di morale. La seconda idea è nel finale; il nostro Amleto non muore come nell’originale di Shakespeare, viene costretto a vivere, a guidare un regno che non vorrebbe, un regno che si riempie di sacchi dell’immondizia come in città e quartieri dove c’è corruzione e la sporcizia invade le strade. È una costrizione che diventa una condanna per lui ancora maggiore della morte».

Non è un po’ troppo ardita questa idea?

«Non credo, è un pensiero degli autori Alessandro Angelini e Antonio Prisco che hanno condiviso con me. La considero invece moderna e supportata da un adattamento in grado di catturare anche le nuove generazioni. Questo allestimento ha un forte elemento tecnologico e scenografico di impatto, di immagine anche cinematografica, per rendere lo spettacolo, amletico per definizione, più comprensibile e legato a un tempo attuale, un tempo in cui dobbiamo rieducare un pubblico al teatro. Con video mapping, costumi, immagini, per coinvolgere un pubblico il più trasversale possibile».

Esprime la sua visione da direttore artistico di teatro?

«Certamente. Credo che il teatro per un nuovo pubblico debba assecondare anche la lingua, i tempi, il ritmo coerenti con il nostro tempo e con il mondo dei giovani. Affinché si appassionino al teatro dobbiamo rivedere il linguaggio, offrendo anche un appagamento dell’occhio rispetto all’abitudine di vedere spettacoli. Per cui è uno spettacolo molto moderno, scenograficamente molto d’impatto e speriamo si riesca ad appassionare un pubblico il più trasversale possibile. Facendo conoscere alle nuove generazioni i classici certamente, ma attraverso una lettura che, pure rispettosa, sia coesa con il loro universo».

Quali altri impegni extra teatrali?

«Sto lavorando alla mia terza regia cinematografica su sceneggiatura scritta con Federico Baccomo. Il tema del film è il lavoro, che sento forte, raccontato in modo crudo e tragicomico a partire da un’opera del catalano Jordi Galceran».

Info: 0547 79274

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