Cesenatico, Claudia accoglie i profughi per la terza volta: c'è anche una donna in in dolce attesa

Claudia Ricci e la sua famiglia sono ormai dei veterani dell’accoglienza. Quando lo scorso fine settimana hanno dato il benvenuto a Ivan, Hannah e Jasmin, in fuga dall’Ucraina, era la terza volta che aprivano il loro appartamento a Zadina a chi è costretto a lasciare il proprio paese e migrare altrove. La prima volta fu nel 2016, la seconda l’anno successivo, e in entrambe le occasioni Claudia Ricci mise il suo appartamento al mare a disposizione di ragazzi (uno la prima volta, due la seconda) che erano stati ospiti dell’hotel “Splendid” a Cesenatico e lo avevano dovuto lasciare una volta ottenuta la protezione internazionale. Ricci, che è di Cesena e di professione è interprete, lavoro che la porta a viaggiare molto, può offrire quel tipo di accoglienza anche perché ha potuto condividere quella scelta con i suoi genitori, che si sono presi cura degli ospiti quando lei era all’estero per lavoro.

Pronti ad accogliere

«Mio babbo ha 88 anni, mia mamma 79 e qualche acciacco in più. Il mio stile di vita mi porta ad essere spesso lontana da casa, per questo - racconta Claudia - credevo che non sarei riuscita più a ripetere questa esperienza di accoglienza. Invece sono stati i miei, questa volta, a propormi di riprovarci». È bastato un input per mettersi subito in moto: «Ho contattato Refugees Welcome e i volontari di Cesenatico no borders che mi avevano aiutato le prime volte, ma i progetti non sono più attivi. Così mi sono rivolta all’Asp Rubicone Mare, a quella di Bologna e su suggerimento dei volontari che avevo conosciuto nel 2016 anche alla Caritas». Se per le prime volte l’attesa era durata mesi, questa volta sono bastati pochi giorni.

Un sistema più pronto

Il contatto è arrivato dalla Caritas di San Mauro Pascoli: un loro volontario aveva intercettato la richiesta di aiuto di una famiglia ucraina. «L’appartamento che avevo messo a disposizione in passato non ha il riscaldamento, per questo lo davo solo in estate. Questa volta però c’era bisogno prima. E soprattutto ho scoperto che Hannah è incinta di 5 mesi». Così, senza pensarci troppo e col supporto della sua famiglia, ha deciso di mettere a disposizione la sua abitazione, che «è nello stesso complesso ed è quello che uso io in estate. Rispetto alle altre volte, questa volta, è stato per fortuna tutto più semplice. Ho avuto sostegno dall’Asp per gli aspetti burocratici, una rete di volontari che si sta prendendo cura di loro e dei loro bisogni. Tutto questo prima non c’era».

Una lezione di empatia

«Sono cambiate tante cose. Il sistema ora è più pronto a questo tipo di accoglienza, sanno che arriveranno in tanti e bisogna agire in fretta. Ma vedo anche più empatia e anche questo è positivo. Si empatizza di più, non solo perché sono un popolo che è stato aggredito, ma anche perché ci assomigliano nell’aspetto fisico. Ma credo che ci sia una vicinanza anche legata al fatto che con questa invasione la Russia ha voluto minacciare quegli ideali democratici alla base del progetto dell’Unione Europea, che io sento fortemente miei, e in questo senso l’attacco all’Ucraina è un attacco anche a noi». Quando accolse profughi la prima volta, la narrazione sulla migrazione era intrisa di parole minacciose. Ma - conclude - «io non mi rammarico di questa maggiore apertura ed empatia, anzi. Spero che l’empatia che stiamo imparando in questi giorni possa rimanere e essere rivolta anche a chi è meno uguale a noi».

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