San Valentino: una storia d’amore a lieto fine nella Cesena antica

Nel giorno degli innamorati va ricordata una storia d’amore tra “diseguali” sbocciata a Cesena, quasi 250 anni fa, divenne realtà tra incredibili peripezie. Il marchese Giacomo Guidi di Cesena si innamorò di una serva di umili origini: la “Masanina” Teresa Baratti.
All’epoca la casata nobiliare Guidi rischiava di estinguersi, poiché i tre figli maschi non avevano ancora figli. Rinaldo, il maggiore, sposò la contessa Margherita Ciamberlini ma non ebbero figli. Il secondo, Romualdo, scelse la carriera ecclesiastica diventando cardinale, mentre il terzo, Giacomo, a 57 anni non aveva ancora preso moglie. Tutti aspettavano che lo scapolo Giacomo si decidesse, scegliendo magari una giovane nobildonna, che gli desse dei figli per far proseguire la stirpe.
Figlia del birocciaio
Ma Giacomo era innamorato della bella Teresa, detta “Masanina”, figlia del birocciaio cesenate Massimo Baratti detto “Masanino” o “l’asinaro della Valdoca”. Pur conscio della differenza di rango sociale il marchese Giacomo corteggiò la giovane Teresa, presente nella sua casa come umile addetta alla “caldara” (l’enorme pentolone in rame) per lavorare la seta.
La notizia dei due innamorati suscitò scandalo nel patriziato cesenate. Molti pensavano che fosse una delle solite avventure galanti che i nobili erano soliti concedersi con le belle popolane. I genitori della Masanina però le imposero l’immediato rientro in famiglia.
La purezza della stirpe
Giacomo era perdutamente innamorato, della ragazza che aveva 36 anni in meno, ma era un differenza d’età che non avrebbe costituito impedimento se fossero stati di pari rango. La notizia si sparse facendo trasalire clero e nobili di Cesena. Il ceto inferiore della ragazza, infatti, rischiava di “macchiare la purezza della stirpe” dei Guidi.
Nel 1780 Teresa aveva 20 anni, e da tre anni il marchese la corteggiava e non perdeva occasione per starle accanto. Durante una festa di carnevale a teatro, all’ennesima richiesta della sua mano, lei rispose di sì all’insistenza dello spasimante. La voce passò di bocca in bocca e tutti parlavano del marchese e della novella Cenerentola. Il fratello Rinaldo Guidi lo invitò a troncare subito la relazione. Giacomo interpellò il parroco del duomo per verificare gli ostacoli da superare per portare l’amata all’altare. Per trovare la sua Teresa si presentava a casa del birocciaio per chiedere continui trasporti di materiali e vedere la sua amata.
Dopo il sì di carnevale
Le mosse del marchese non passavano inosservate, lo stesso Giacomo intenzionato a sposarla voleva donarle dei beni affinché avesse una sua dote e ne parlò col notaio Giovanni Dogaria. Il notaio scrisse al fratello cardinale Romualdo. Il prelato andò su tutte le furie e si rivolse al Papa per impedire il disonore che ne avrebbe derivato al suo casato. Minacciò Giacomo di scomunica e di non volerlo più “riconoscere come fratello” e chiese per evitare sgradite sorprese di un matrimonio improvviso di “trafugare la giovane o di chiuderla in convento” da cui non sarebbe più uscita.
Matrimonio ostacolato
Il 13 febbraio 1780 il cardinale Guidi chiese al cardinale Luigi Valenti, Legato della Romagna ed Esarca di Ravenna, di vietare il matrimonio. Giacomo venne costretto a trasferirsi presso la “Casa della Missione” a Forlì per compiere esercizi spirituali e “rimanervi fintanto che non fosse rientrato in se stesso”, mentre la giovane venne tradotta in un convento del “Conservatorio delle Pericolanti di Cesena” con divieto di parlare con chiunque. La sua cattura in primo tempo andò a vuoto, tutto il vicinato si accorse del movimento degli “sbirri” e appreso che cercavano la Masanina la protessero depistando l’arresto. In seguito però venne tradotta nel monastero. Giacomo allora con un trucco l’andò a riprendere. Trovò la sua Teresa in lacrime e decise di tentare di sposarla di nascosto. Ma il parroco don Crudeli (di nome e di fatto) a Cesena si oppose. Dopo alterne avventure Giacomo trovò due testimoni, che portò quasi a forza davanti all’incredulo parroco e stringendo la mano di Teresa disse: «Questa è mia moglie” e lei rispose «Questo è mio marito». Il parroco ripresosi dalla sorpresa disse che il matrimonio anche così non aveva valore.
Arresto, supplica e lieto fine
Nel frattempo scoppiò lo scandalo dell’unione tra “diseguali”. I due furono arrestati, stavolta lui tradotto in carcere a Forlì e lei al Monastero di Santa Maria a Cesena. Ma il 23 aprile 1780 morì a 58 anni a Roma il fratello cardinale e il 28 maggio 1780 Giacomo fu rimesso in libertà, confinato in esilio nel suo castello a Montiano. Giacomo scrisse al Legato della Romagna per implorare che la sua sposa fosse liberata dal convento e lo raggiungesse a palazzo Guidi a Montiano, oggi palazzo Cattoli. La supplica venne accordata e il 3 ottobre 1.780 i due si “risposarono” nella chiesa di Sant’Agata a Montiano. La storia anche se poco nota è stata scovata dallo storico Giorgio Bolognesi di Montiano: «Quando indagai le carte della vicenda rimasi affascinato - afferma - un mondo di differenze sociali ma anche di grandi slanci e di solidarietà tra ceti diversi o pari grado». E c’è anche il classico “vissero felici e contenti”, visto che i due sposi ebbero 4 figli.