Denuncia artistica a Cesena rimossa subito, l'autore ci mette la faccia e non ci sta

Cesena

CESENA. Sono rimasti al loro posto per poche ore il bambolotto e le orme apparse vicino alla fontana di piazza della Libertà nella prima mattinata di giovedì, accompagnate da un cartello con la scritta “non in mio nome”. Si trattava di un gesto artistico per richiamare l’attenzione sui migranti, e in particolare tanti bambini, morti in mare durante le traversate del Mediterraneo sui barconi. Addetti del Comune hanno subito provveduto a rimuovere tutto il materiale, in quanto non era stato richiesto alcun permesso per quell’evento.

Amarezza per la rimozione

La decisione ha lasciato l’amaro in bocca al creatore di quella composizione, Silvano Tontini, che rivendica quanto fatto e ci «mette la faccia», come dice lui stesso, spiegando lo spirito dell’iniziativa. «Non ho alcuna intenzione di nascondermi - dichiara - Mi piaceva l’idea che chi avesse visto l’opera e condivisi spirito e messaggio, in assenza di un autore dichiarato, potesse sentirla anche sua, e magari scegliesse di integrarla. In sostanza, pensavo a un lavoro a più voci, un’opera collettiva. Purtroppo non è durata lo spazio di un mattino. Con la sottrazione del bambolotto manca l’elemento centrale e l’opera cambia di segno, quel senso acutamente colto nel bel articolo di Claudia Rocchi pubblicato sul “Corriere di Cesena”».

Perciò, prima di sapere chi aveva portato via, Tontini aveva espresso la speranza che l’autore della rimozione avrebbe «posto rimedio riposizionando il bambolotto al suo posto». Poi, quando gli è stato detto come erano andate le cose, ha espresso la propria amarezza. E lo ha fatto anche faccia a faccia con il sindaco Paolo Lucchi, che gli ha risposto che per l’utilizzo di spazi pubblici ci sono regole che tutti devono rispettare. Quindi avrebbe dovuto e potuto chiedere un permesso, e in questo modo l’evento si sarebbe potuto organizzare senza problemi.

Il messaggio dell’artista

A Tontini sta a cuore evidenziare che la sua opera non ha arrecato alcun danno e spiegarne il significato: «Della mia installazione rimarco l’assoluto rispetto delle cose. Nessuna alterazione, nessuno sfregio, perché io amo la mia città . Appena un graffio, forse, alla mente e alle coscienze dei miei simili. Qualche giovane artista vorrà forse essere più audace e brutale nello scuotere la vaghezza etica di troppi nostri concittadini. L’arte deve misurarsi col suo tempo e oggi è il tempo dell’inquietudine. O l’arte fa questo o non è. Ciò che sta avvenendo, nella nostra colpevole ignavia, è una emorragia dolente di tutto ciò che ci rende umani. Basti per tutti la vicenda recente del sequestro in mare di centinaia di profughi disperati e fra loro tanti bambini che avremmo dovuto mettere immediatamente al sicuro e abbracciare stretti. La mia installazione, alla fine, si riduceva al dono di un nuovo bambolotto ai nostri bimbi che, fortunatamente ignari e protetti, prima o poi lo avrebbero raccolto, asciugato e ci avrebbero giocato. Forse qualcuno si sarebbe turbato per l’esplicito riferimento all’immagine divenuta icona delle moderne tragedie del mare nostrum; il piccolo Aylan, di tre anni, riverso sulla battigia, annegato. Beh, a queste “anime belle” dico che la cosa è del tutto voluta. Non credo infatti che questi “benpensanti” siano gli stessi che hanno dormito sonni inquieti al pensiero di quei bimbi atterriti e spersi sulla nave italiana “Diciotti”».

La chiosa finale è un j’accuse a Matteo Salvini: «Ministro della Paura e del Rancore, non in mio nome. 60 milioni meno uno: il sottoscritto».

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