Nella chiesa dell'Osservanza a Cesena il funerale di Paolo Motevecchi, sulle note del suo capolavoro VIDEO

Un artista «tutto genio e sregolatezza», sempre capace di tirare fuori «idee originalissime dalle cose più semplici» e che ha regalato al mondo «un capolavoro eterno come la canzone “Ayrton”». Ma anche «l’uomo dal cuore ferito», da cui «non si sapeva mai cosa aspettarsi quando lo incontravi», perché «Paolo era l’inquietudine».
Ricordi di prete e compagno
Così don Giovanni Savini ha raccontato Paolo Montevecchi, durante un partecipatissimo funerale all’Osservanza, con decine di persone in piedi perché le panche e le sedie disposte lateralmente non bastavano per tutti. Una cerimonia culminata nell’ascolto collettivo della perla di cantautorato che scrisse dopo la morte del campione di Formula Uno, Senna, e che Lucio Dalla rese famosa. Note e parole sono volteggiate nel piazzale davanti alla chiesa, sopra la bara caricata dentro il carro funebre che si preparava all’ultimo viaggio, una volta finita la funzione religiosa. Il parroco che l’ha celebrata non ha parlato solo da sacerdote ma da ex compagno di classe del 60enne defunto, che aveva conosciuto nel 1974, dietro i banchi di Ragioneria e con cui è rimasto costantemente in contatto. Fino a una recentissima cena di classe alla quale Montevecchi aveva preso parte. Proprio don Giovanni era stato una delle prime persone che avevano ascoltato “Ayrton”, che l’autore gli aveva cantato davanti, strimpellando la chitarra, poco dopo averla composta. Di quel brano il sacerdote ha letto diverse strofe, soffermandosi su quel «ho capito che un vincitore vale quanto un vinto», nove parole che possono diventare rivoluzionarie per ogni singola persona e per l’umanità intera.