Moglie picchiata e insulti davanti ai figli: 40enne di Cesena condannato a 3 anni

Cesena
  • 28 maggio 2025

Insulti continuativi davanti ai figli piccoli al punto che gli stessi avevano mutuato il comportamento del padre ed a loro volta parlavano alla mamma insultandola (inconsapevolmente) con le medesime parolacce. Pedinamenti, botte e minacce di uccidere la compagna e di togliersi la vita. Il tutto ripetuto nel tempo ed aggravato dalla sua condizione: di giocatore d’azzardo patologico e consumatore di droghe.

Un inferno da cui la donna, una madre cesenate di due bimbi ancora in tenera età, ha visto una luce in fondo al tunnel soltanto a metà dell’anno 2024, quando il compagno, 40enne cesenate di cui non decliniamo le generalità per non rendere automaticamente identificabili le vittime, è stato colto da un’ordinanza di custodia cautelare che comprendeva il divieto di avvicinamento alla donna ed alla casa familiare.

Ieri il collegio del tribunale di Forlì presieduto dal giudice Monica Galassi (a latere i giudici Marco De Leva e Andrea Priore) ha condannato il cesenate a 3 anni di reclusione.

Le vicende accadute sono state ripercorse ieri per la Procura dal pm Susanna Leonarduzzi, per la parte civile dall’avvocato Mauro Guidi che era sostituito in udienza dall’avvocato Michele Mambelli e dal difensore dell’imputato (avvocato Pier Giorgio Monti).

L’uomo fa uso di sostanze stupefacenti e gioca d’azzardo pesantemente. Per questo la condizione della famiglia è sempre vicina alla povertà. Ma secondo lui la colpa era della compagna, che viene bersagliata di insulti e percosse. Liti talmente frequenti e violente (alla presenza anche dei figli minori ed avvenute anche durante la festa per la prima comunione di uno di essi) che i piccoli di casa imparano “ben presto” che non è cosa inusuale ma anzi normale chiamare la mamma con insulti irripetibili.

Alla quarta denuncia per violenze subite l’uomo viene raggiunto da un ordine di allontanamento del Gip che però non rispetta. Pedinando la moglie e minacciandola fin sotto casa. Dicendole che se non avesse ritirato le querele e non gli avesse affidato in esclusività i figli l’avrebbe ammazzata. Per poi uccidersi a sua volta.

La richiesta della Procura (a cui si è associata anche la parte civile) era stata di tre anni e mezzo di pena. Condanna che, per la difesa, poteva anche non avvenire per la “sporadicità temporale” degli episodi di contrasto tra la coppia, definiti come reciproci. Al limite, per la difesa dell’uomo, le accuse potevano esser anche derubricate a forme di minaccia grave. tenendo poi conto che, nel frattempo, si è “messo in carreggiata” accettando percorsi di cura sia per le droghe che per il gioco d’azzardo.

Alla fine la sentenza è stata di condanna a 3 anni. Con interdizione ai pubblici uffici per 5 anni e risarcimento alle parti civili (moglie e due figli) di 7mila euro a testa. Con motivazioni della sentenza che una volta pubblicate, tra 30 giorni, saranno anche trasmesse al giudice civile che ha ora in carico la causa di separazione della coppia.

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