Lavoro: calano in provincia le dimissioni volontarie, ma gli uomini si licenziano di più delle donne

Cesena
  • 19 agosto 2025

Dopo un periodo di crescita del dato “post Covid”, si attenua la tendenza in provincia a licenziarsi volontariamente dai proprio posti di lavoro. Emerge dagli ultimi dati elaborati e diffusi dalla Camera di Commercio, dove si nota che le cosiddette “dimissioni volontarie” avevano avuto una crescita decisa soprattutto nel biennio 2021-2022, ma poi si sono ridimensionate nei periodi successivi. Gli ultimi dati disponibili, aggiornati al primo trimestre 2025, attestano la diminuzione tendenziale nel territorio, che fa seguito al calo, lieve, del 2023 e, più deciso, del 2024.

Nel primo trimestre 2025, in provincia di Forlì-Cesena, si contano 3.522 cessazioni di rapporti di lavoro dovute a dimissioni volontarie, che rappresentano il 32,3% delle cessazioni totali; la motivazione principale rimane quella del fine contratto (57,9%), seguita, appunto, dalle dimissioni e dal licenziamento (7,2%).

Nel confronto col primo trimestre 2024, le dimissioni volontarie risultano in calo del 7,5%, con una variazione inferiore a quella regionale (-8,5%) e superiore al dato nazionale (-6,2%).

Riguardo agli anni precedenti, nel 2021 si è assistito ad un incremento annuo delle dimissioni volontarie del 39,1%, con l’incidenza, sul totale delle cessazioni, che ha raggiunto il 24,9%, nel 2022 l’aumento delle stesse, sull’anno precedente, è stato dell’11,7%, con un peso del 24,3%, mentre nel 2023 si è avuta solo una lieve variazione positiva pari allo 0,3% (incidenza del 24,2%); il 2024, poi, ha visto calare le dimissioni volontarie del 3,9% (23,6% l’incidenza), confermato, come detto, dalla flessione nei primi tre mesi dell’anno in corso.

Nel primo trimestre 2025 le dimissioni volontarie, in provincia di Forlì-Cesena, hanno caratterizzato più il genere maschile di quello femminile (60,4% contro 39,6%), più gli italiani degli stranieri (nell’ordine, 70,9% e 29,1%), in particolare la classe di età 30-50 anni (44,9% dei casi) e soprattutto il lavoro a tempo indeterminato (57,2% sul totale delle altre tipologie di lavoro).

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